Ricordami in silenzio
Storie 06/03/2012 Lorenzo Bodrero 0
Era un giorno qualunque e camminavo lungo via Cernaia, a Torino. Ero di passaggio nella mia città natale. Pochi giorni erano passati dalla strage di Nassiriya, in Iraq, dove 19 militari appartenenti al Corpo dei Carabinieri e all’esercito italiano e 9 civili avevano perso la vita.
Camminavo sotto i portici, era una mattinata grigia e insolitamente le strade erano poco trafficate. Ricordo distintamente i lunghi intervalli tra il passaggio di un’auto e la successiva e me ne meravigliai.
Camminavo, quando voltai lo sguardo vidi la caserma dei Carabinieri. La caserma Cernaia. Tra le più prestigiose dell’Arma a Torino. Sapevo bene fosse lì ma solo vedendola me ne ricordai. La bandiera italiana pendeva pesante e immobile a mezz’asta. Rammentai la strage. Mi fermai e rimasi a lungo in silenzio, a testa bassa. Li ricordai. Provai a immaginare l’istante prima che l’esplosione li divorasse, che cosa stessero facendo un attimo prima, l’espressione che il viso disegnò loro nel momento in cui capirono che qualcosa di mostruoso era ormai già cominciato.
Quando ripresi i miei passi verso il centro di Torino pensai ad un fatto a cui la mia mente torna spesso.
Qualche mese prima, un giorno come tanti della mia permanenza in terra olandese, era il Giorno della Memoria in ricordo delle vittime olandesi dei due conflitti mondiali. Vidi le immagini in televisione. La prassi vuole che la famiglia reale olandese – con la Regina Beatrice e il principe William in testa – porga un mazzo di fiori ai piedi di un monumento ad Amsterdam. Seguono poi tre minuti di silenzio.
Silenzio. Totale. Le telecamere riprendevano le decine di migliaia di persone in piazza e nessuno batteva ciglio. Nessuno si muoveva. Tantomeno nessuno applaudiva.
Perchè in Italia si usa applaudire i morti? Perchè all’uscita di una – o più – bare dalla chiesa la gente raccoltasi all’esterno batte le mani? Recentemente, per la disgrazia accaduta a due giovanissimi ragazzi giocatori della Juventus, addirittura molti intonavano cori da stadio con i loro nomi. E’ certamente un episodio ma non è raro nel nostro paese. L’applauso in questi casi vuole certamente essere un modo come un altro per omaggiare i caduti. Tuttavia non mi trova d’accordo.
I morti non si applaudono. I morti si ricordano e rispettano in silenzio. Non stupisce dunque la scelta di alcune persone più o meno celebri le quali precisano sui loro testamenti di volere una cerimonia privata. Negli stadi in Inghilterra, paese madre del fair play e del savoir être, in occasione del minuto di silenzio nessuno applaude. La gente ha lo sguardo fisso, spesso rivolto verso il basso. Chi ha il cappello lo rimuove. Chi ha un bambino al seguito lo abbraccia. In Italia no. Sentiamo il dovere di dire qualcosa anche quando ci è proibito proferire verbo.
Se tu mai verrai al mio di funerale, non ti azzardare ad applaudire. Tantomeno non ti azzardare a fischiarmi (eventualità questa più probabile). Se mai sarai colpito dall’irresistibile bisogno di uno dei due, ti supplico reprimilo. Piuttosto, alza il tuo sguardo e sorridi, ricordando quella volta in cui avevi perso ogni speranza di vedermi un giorno diventare una persona responsabile.
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