EuroLeaks, ecco come la Ue controlla gli accordi di libero scambio con gli Usa EuroLeaks, ecco come la Ue controlla gli accordi di libero scambio con gli Usa
“Giocare all’attacco e d’anticipo nella comunicazione”, “controllare la comunicazione nei media principali” per prevenire ansia e senso di minaccia tra i cittadini con l’obiettivo... EuroLeaks, ecco come la Ue controlla gli accordi di libero scambio con gli Usa

“Giocare all’attacco e d’anticipo nella comunicazione”“controllare la comunicazione nei media principali” per prevenire ansia e senso di minaccia tra i cittadini con l’obiettivo di spianare la strada alle nuove intese commerciali Usa-Eu. Sono queste le raccomandazioni chiave contenute in un memo riservato della Commissione europea sulle strategie per comunicare e mettere in buona luce i negoziati per il Trattato sul libero commercio (Ttip). Il documento, preparato per la riunione a porte chiuse di venerdì 22 novembre scorso a Bruxelles tra la Commissione Europea e gli stati membri, è stato diffuso alla stampa solo grazie a un leak (scaricabile qui) a cui Irpi Wired hanno avuto accesso in esclusiva in Italia. L’avvenuta riunione è stata inoltre confermata dall’ufficio stampa del ministro del commercio danese. Il ministero dello Sviluppo Economico, contattato da Wired, non è in grado di commentare al momento ma ha confermato di aver partecipato al meeting a porte chiuse di venerdì scorso a Bruxelles.

Il memo tradisce molto nervosismo da parte della Commissione, e a ragione. Il Ttip – Transatlantic Trade and Investment Partnership – rappresenta il nuovo round di negoziati transatlantici che dovrebbero ridisegnare l’accesso dei prodotti Usa al mercato europeo, e viceversa, con particolare riguardo al settore dell’auto, ma anche a quello agricolo e sanitario. La posta in gioco è altissima, anche perché molti in Europa temono un’invasione degli Ogm americani, l’erosione del nostro sistema di welfare e un livellamento verso il basso dei criteri di sicurezza alimentare. Un abbassamento delle barriere che ha fatto scattare più di un campanello d’allarme nelle associazioni dei consumatori sia americane che europee.

Il timore, comprensibile, è che nasca una diffusa opposizione sociale al negoziato, magari analoga a quella che alla fine degli anni ’90 ha portato ai movimenti No-Global che hanno avuto il loro momento più visibile e drammatico al G8 di Genova. In più, l’opposizione potrebbe essere non solo dei cittadini, ma anche dei rappresentanti politici. Dopo lo scandalo Datagate, infatti, Martin Schulz, presidente del parlamento europeo, aveva proposto di sospendere i Ttip finchè gli Usa non avessero chiarito la loro azione di spionaggio. La base di un negoziato, si sa, è la fiducia, e le rivelazioni di Snowden non l’hanno certo consolidata negli ultimi mesi.

È stato però lo stesso segretario di Stato americano, John Kerry, a tener la macchina in movimento invitando agli inizi di novembre a “tenere separate le questioni”, e a sottolineare che la trattativa “non deve essere confusa con tutte le legittime domande che possono porsi a proposito della Nsa. Insomma, quasi a voler suggerire che sarebbero gli americani a perderci maggiormente se i negoziati per creare “la più grande potenza commerciale del mondo” dovessero arenare.

“Siamo fin qui riusciti a tenere a bada i media principali”, recita il documento riservato della Commissione Europea, inizialmente diffuso dal mensile danese Notat. Una posizione che stride con il concetto di trasparenza più volte evocato al suo interno, la quale “dovrà essere un elemento chiave nell’approccio dell’Unione europea nei confronti dei negoziati in corso”. Ma è proprio la mancanza di trasparenza una delle maggiori preoccupazioni dei rappresentanti dei settori agricolo e commerciale europei, i quali chiedono la pubblicazione delle proposte e delle bozze di negoziato così da incentivare il dibattito pubblico come garanzia per i consumatori.

Con lobbisti del calibro di Toyota, General Motors, industrie farmaceutiche, Ibm e la Camera di Commercio americana coinvolti nelle trattative e con il settore automobilistico europeo in picchiata, l’importanza di un positivo esito del Ttip è presto detta. Secondo uno studio indipendente della Commissione europea, l’accordo potrebbe generare entrate pari a 119 miliardi di euro per la Ue e 95 miliardi per gli Usa, con un introito quantificabile in 545 euro all’anno per ciascuna famiglia europea. Proprio i cittadini dell’Unione erano al centro dei timori della riunione segreta nella quale si ammoniva che “ molte preoccupazioni circa il TTIP derivano dalla percezione secondo cui l’Unione Europea non si trova in una posizione negoziale sufficientemente forte“, afferma il documento.

A livello politico in Italia è il Movimento 5 Stelle a sollevare qualche preoccupazione: “Temiamo che l’accordo verrà chiuso senza adeguate misure di salvaguardia per l’Italia soprattutto per il settore agro-alimentare, uno dei pochi in crescita nel nostro paese”, ha affermato Filippo Gallinella, membro della commissione agricoltura, in un interpellanza al Governo questa mattina. Il rischio secondo Gallinella è che “si aprano delle barriere commerciali che sarebbero dannose per l’Italia. Noi possiamo competere con la qualità e non con la quantità, a differenza degli Stati Uniti. Gli Usa utilizzano un processo industriale molto spinto mentre in Italia le tutele sono sia sugli animali sia sui prodotti, quindi cosa importeremo? I loro Ogm? Non vorrei che il Ttip diventasse quello che oggi è il patto Eu-Marocco, che ha messo a rischio la produzione nazionale di molte colture del Mediterraneo, quali pomodori, ortaggi e agrumi”. Il concetto di trasparenza è cruciale anche secondo Gallinella: ”Chiediamo al governo che l’accordo Usa-Ue passi nelle Commissioni competenti di Camera e Senato, quantomeno – conclude il deputato cinquestelle – per scongiurare il pericolo che una tale alleanza crei più problemi che non benefici per le nostre produzioni locali”.

Il sottosegretario allo sviluppo economico Claudio De Vincenti ha invece voluto chiarire durante la stessa seduta la natura del Ttip: ”L’obiettivo è quello di chiudere una partnership ad ampio raggio nella quale la posizione dell’Italia è di tutela degli interessi nazionali”. Sui presunti e temuti disequilibri che si verrebbero a creare all’indomani del patto transatlantico il sottosegretario afferma che “le trattative sono finalizzate al raggiungimento di un accordo basato sul principio di reciprocità e che risulti bilanciato, ambizioso e onnicomprensivo. L’obiettivo nostro è di sostenere la conclusione delle trattative”.

Questo articolo è stato pubblicato sulla versione online del mensile Wired Italia il 26 novembre 2013.