La Svizzera partecipa a Expo, ma quasi tre milioni di euro sono incerti
Articoli 29/07/2014 Lorenzo Bodrero
di Lorenzo Bagnoli e Lorenzo Bodrero
La Svizzera parteciperà o no all’Expo? Se sì, in quale forma e con quale budget? La prima domanda ha una risposta immediata, la seconda invece dipenderà dagli esiti del referendum in programma domenica 28 settembre che chiamerà al voto i soli cittadini del Canton Ticino. Alle urne infatti si deciderà se i residenti ticinesi approvano o meno un investimento del proprio Cantone di 3,5 milioni di franchi (2,8 milioni di euro) da utlizzare per promuovere progetti affini a Expo sul territorio cantonale, incluso un mini-padiglione del Ticino all’interno di quello svizzero.
Un “via libera”, insomma, da parte dei residenti ticinesi all’utilizzo di soldi pubblici regionali che andrebbero ad aggiungersi ai 18,5 milioni di euro già stanziati dalla federazione. Un 20% di investimenti in più o in meno. Non proprio briciole.
“Con il denaro in questione (2,8 milioni di euro, ndr) si prevede di finanziare una serie di progetti affini a Expo sul territorio cantonale e di cofinanziare lo spazio comune dei Cantoni del Ticino, dell’Uri e del Vallese all’interno del Padiglione elvetico”, ci dice Luigi Pedrazzini, responsabile del Canton Ticino per Expo.
Il Paese elvetico ha formalmente ricevuto il lotto di 4432 m² su cui costruire il proprio padiglione lo scorso 23 luglio, dopo essere stato il primo Paese ad annunciare la sua partecipazione all’esposizione di Milano. La Svizzera a Expo ci sarà dunque, a prescindere dal risultato del referendum ticinese. E i lavori nel padiglione cominceranno probabilmente a settembre.
Cosa succederà quindi se il referendum dovesse passare? “I progetti previsti sul territorio cantonale saranno abbandonati e la presenza ticinese a Expo fortemente ridimensionata”, aggiunge Pedrazzini. Un’eventualità, questa, che suona come un augurio perBoris Bignasca, promotore del referendum insieme alla Lega dei Ticinesi. Bignasca, presidente dei giovani leghisti del Canton Ticino e figlio del defunto presidente della Lega dei Ticinesi Giuliano, è un’autorità da queste parti: “Non si capisce perché il contribuente debba accollarsi anche le spese di un mini padiglione ticinese”, commenta.
Spese che ammontano di certo a circa 18,5 milioni di euro solo per il padiglione svizzero, a cui andrebbero ad aggiungersi altri 3,9 milioni del Ticino. Soldi pubblici che, investiti sull’Expo, secondo Bignasca avrebbero una scarsa ricaduta sul benessere dei suoi concittadini: “La stragrande maggioranza dei visitatori Expo saranno italiani, quindi non prevedo ricadute importanti per il Ticino. Abbiamo la quasi certezza che investendo tutti questi milioni non si avrà assolutamente nessun ritorno economico”, conclude Bignasca.
Pedrazzini è di parere opposto: “L’esposizione universale sarà un successo se i 140 paesi partecipanti riusciranno a sensibilizzare in modo innovativo e soprattutto efficace i venti milioni di visitatori attesi”.
Secondo il commissario del Canton Ticino gli scandali non impediranno la buona riuscita dell’esposizione: “Le vicende giudiziarie ovviamente non aiutano chi fa bene il proprio lavoro e chi intende investire in questa manifestazione. I ritardi sono possibili ma credo che alla fine Expo aprirà i battenti nei termini previsti, rinunciando tuttalpiù a qualcosa”. Bignasca, al contrario, ritiene che l’Expo sia “una realtà superata, fatta di cemento, di opere non realizzate, di appalti corrotti e di ritardi che sono sotto gli occhi di tutti”. Sono queste le argomentazioni che hanno consentito alla Lega dei Ticinesi di raccogliere 12.600 firme in 45 giorni per promuovere il referendum, “quasi il doppio delle 7.000 necessarie”, aggiunge Bignasca.
C’è attesa per sapere come la pensano i ticinesi, sia da parte dei promotori del referendum che sulla sponda Expo. E l’esito non è affatto scontato. La pubblicazione dei risultati è prevista per il pomeriggio stesso del voto.
Questo articolo è stato pubblicato su Wired.