Expo, allarme del Comitato antimafia: i controlli non bastano Expo, allarme del Comitato antimafia: i controlli non bastano
Mafia nei cantieri, corruzione e appalti per i colletti bianchi. La relazione presentata in Comune traccia un quadro preoccupante dell’Esposizione universale. Expo, allarme del Comitato antimafia: i controlli non bastano

di Lorenzo Bagnoli e Lorenzo Bodrero

“Negli appalti legati ad Expo è stata riscontrata non soltanto corruzione, ma anche segni della presenza mafiosa”. Lo dichiara Nando dalla Chiesa, presidente del Comitato di ‘saggi’ antimafia. È quanto emerge dalla Quinta relazione che gli esperti hanno presentato al sindaco Giuliano Pisapia, il 6 agosto, solo a quattro mesi di distanza dall’ultima. Sentono l’urgenza di far sapare alla città quanto sta succedendo: le organizzazioni mafiose stanno continuando a penetrare nei cantieri. Uno degli appalti in mano a loro sarebbe direttamente collegato alla società Expo.

Una tale confusione sui controlli ha portato il comitato a insistere “ormai da due anni con l’indicare il rischio che le imprese dei clan affermino la propria presenza in assoluta indifferenza alle norme stabilite nei protocolli antimafia”. E il rischio sembra essersi evoluto, per diventare un pericolo reale. D’altronde le parole usate dal comitato lasciano pochi dubbi. I “segni della presenza mafiosa” citati nella relazione “portano ripetutamente ad avvertire la presenza di mondi che l’esperienza storica e giudiziaria associa al fenomeno ‘ndranghetista o ai suoi dintorni”.

La mafia dunque gravita attorno e dentro i cantieri dell’Expo. Segni che vengono colti con semplici ma efficaci controlli in loco, all’interno dei cantieri, durante i cosiddetti “accessi ispettivi” della polizia amministrativa dove al personale viene chiesto di identificarsi e di ogni veicolo viene controllata la targa. “Se anche di un solo mezzo o di un solo operaio non si riesce a stabilire la ragione per la loro presenza nel cantiere, allora ci troviamo di fronte ad un’anomalia”, afferma a Wired Giuliano Turone, ex magistrato e membro del comitato antimafia.

Esistono poi altri settori, direttamente connessi all’Expo, su cui il Comitato lancia l’allarme. Le mafie, soprattutto la camorra, stanno allungando i propri tentacoli anche su appartamenti in zone turistiche della città per costruire alberghi e affittacamere clandestini. Un business che va ad affiancarsi a quello già infiltrato dei divertimenti, delle discoteche, dei pub, storicamente di interesse della criminalità organizzata. “Il problema in questo caso non è il denaro, ma il potere territoriale che si ottiene dal controllare i movimenti e i pernottamenti di molte persone“, dice dalla Chiesa.

Ma non è solo la mafia che la Quinta relazione, presentata il 4 agosto,  mette sotto la lente di ingrandimento. L’attenzione degli organi di controllo e della casa madre è concentrata soprattutto sui grandi appalti, come quello per la Piastra, tralasciando altri dettagli importanti. Come le forniture per esempio, o i servizi forniti al subappaltatore. Voci su cui non c’è controllo diretto: “E’ qui di fatto che le mafie si infiltrano, senza che ce ne accorgiamo”, continua dalla Chiesa.

Le insidie che si celano dietro la concessione di appalti non sono solo di origine mafiosa. Il Comitato focalizza l’attenzione anche su clientelismo e conflitto di interessi, altre piaghe del nostro paese riemerse dopo i recenti scandali sul Mose di Venezia e su Expo stesso. Ma a quanto pare le contromisure adottate sono insufficienti. Due sembrano essere, secondo il Comitato, le tipologie di affidamento degli appalti che nascondono maggiori criticità.

Il primo è l’affidamento diretto, dove “si annida maggiormente il rischio di clientelismi e pratiche di corruzione”, e per il quale “è necessario che società aggiudicatrice e società aggiudicanti siano disposte a operare il più possibile in chiaro, aprendo i propri dati alla consultazione pubblica”, come si legge nella Relazione.

Il secondo è il criterio della ‘offerta economicamente più vantaggiosa‘. Tale procedura è stata ideata per sostituire quella ‘al massimo ribasso’ poiché da un lato favoriva l’impresa mafiosa, la quale poteva contare su capitali e liquidità ottenuti illecitamente sbaragliando le imprese concorrenti, e dall’altro per disincentivare una folle corsa al ribasso che poi scaturiva in una miriade di varianti d’opera durante i lavori, facendo inevitabilmente schizzare alle stelle i costi finali.

Il primo obiettivo è stato solo parzialmente raggiunto, ma di contro la procedura della ‘offerta economicamente più vantaggiosa’ favorisce l’associazione a delinquere tra i colletti bianchi, osserva il Comitato. E anche il secondo traguardo è ancora molto lontano: “La corsa frenetica al ribasso persiste, basti guardare alle varianti richieste negli appalti moderni”, affermaLuca Beltrami Gadola, membro del Comitato antimafia e una carriera passata a dirigere cantieri in mezza Europa. La conclusione di Gadola lascia spazio a poche interpretazioni: “L’utilizzo di questo tipo di aggiudicazione appare meramente pretestuoso, legittimando inutili criteri di discrezionalità che, sul piano del contrasto della criminalità, producono le conseguenze meno indicate”.

Questo articolo è stato pubblicato su Wired.