Expo2015, il business sui biglietti vinto dagli “amici” di Best Union
Inchieste 12/09/2014 Lorenzo Bodrero 0
di Lorenzo Bagnoli e Lorenzo Bodrero
Per la sola vendita dei biglietti d’ingresso all’Expo 2015 di Milano si prevedono incassi da 440 milioni di euro. Una cifra arrotondata per difetto se si considera che sono attesi 20 milioni di visitatori e che il prezzo medio per il biglietto di ingresso sarà di 22 euro (lo ha detto il Commissario unico Giuseppe Sala alla posa della prima pietra del padiglione cinese). Il servizio di “ticketing”, così si chiama, è uno dei più ricchi business dell’Esposizione Universalee un fattore chiave per il suo finanziamento, ma come è stato assegnato? La pulce nell’orecchio, va detto, ce l’ha messa una segnalazione arrivata a Expoleaks, la piattaforma di whistleblowing creata da Irpi e dal centro Hermes per la trasparenza e i diritti umani digitali con l’appoggio di Wired.
Di fatto, l’assegnazione del servizio di ticketing non è passato attraverso una vera gara pubblica, ma è stato incluso all’interno di quello di “banking” (che comprende tutti i servizi finanziari e di credito legati all’evento) e assegnato a un’azienda che però non è mai entrata in nessuna trattativa con Expo Spa: si tratta della Best Union Company (BU), società bolognese che ha ottenuto il servizio per la biglietteria grazie ad una partnership con Intesa San Paolo, la grande banca diventata sponsor ufficiale dell’esposizione universale.
Ma perché legare il ticketing al banking e non creare un bando ad hoc visto anche l’ammontare del servizio? Risponde direttamente Expo alla domanda. L’azienda stima che i costi operativi per il mantenimento della cittadella della fiera a Rho siano di circa un miliardo di euro. E lo Stato non versa nemmeno un centesimo per coprire questa voce di spesa: ci si deve dunque rivolgere a sponsorizzazioni e partnership private per ammortizzare i costi.Expo Milano ha già raccolto oltre 370 milioni di euro (cifra record, l’Expo di Shanghai si è fermato a 50). Ma ancora non bastano. Così l’azienda ha offerto la possibilità di diventare sponsor ufficiale dell’esposizione universale attraverso una cinquantina di Rfp, “Request for proposal”.
Di cosa si tratta? Letteralmente una Rfp è una “richiesta di proposte”, ovvero ventisette pagine in cui Expo invita le aziende interessate al servizio in questione di mandar loro un’idea progettuale, e in cui sono delineate le necessità da espletare per tale servizio e i benefici per l’azienda che se lo aggiudicherà. In pratica si chiede ad un’azienda di prendere attivamente parte all’evento, investendo, in cambio di servizi remunerativi o ritorni d’immagine. Una tipologia di gara atipica, secondo gli esperti del settore, soprattutto per servizi dal così alto valore economico.
Per la sponsorizzazione bancaria Expo chiede 23,2 milioni di euro. Ma ecco cosa ottiene in cambio chi partecipa: “I ricavi dalla vendita dei biglietti – si legge nella Rfp – saranno nell’ordine dei 400 Milioni di Euro, le sponsorizzazioni circa 250 Milioni di Euro,attività commerciali e servizi circa 100 Milioni di Euro”. Ad agosto 2012, quando viene pubblicata la gara, si presenta solo un concorrente, Intesa San Paolo. “La richiesta che facevamo presupponeva un importante investimento anche per un grosso gruppo bancario”, spiega Piero Galli, Direttore Generale Divisione Gestione Evento di Expo 2015. Prima della pubblicazione della Rfp, Expo aveva già cominciato a fare scouting per presentare una RFP attraente ed interessante per le aziend. A quel punto ciascuno dei soggetti interessati a Expo (“Si sono fatti vivi tutti i grandi gruppi bancari”, assicura Galli) ha fatto le proprie valutazioni. E Intesa San Paolo ha scelto Best Union come partner per la parte dei biglietti attraverso una trattativa privata”.
Sulla natura di tale procedura e trattativa, Galli è chiaro: “Abbiamo scelto L’Rfp perché è un percorso pubblico, aperto a chiunque può presentarsi. Si differenzia da una gara di acquisto poiché nell’RFP il meccanismo funziona al contrario: invece di comprare un servizio, ce lo facciamo fornire (combinando contante e servizi) in contropartita dei benefici di partnership (intangibile su logo, visibilità etc.)”. Sulle motivazioni per cui San Paolo abbia creato un’associazione di impresa con Best Union, Galli non vuole entrare nel merito, ritenendo opportuno che a questa domanda rispondano i diretti interessati. E così nasce la collaborazione tra Intesa e l’azienda bolognese.
Seppur sconosciuta, BU è un colosso della biglietteria quotato in borsa, con un parterre di clienti di tutto rispetto tra cui il Disney World in Florida, il museo del Louvre a Parigi e le fiere di Roma, Vicenza, del Lingotto di Torino e di Milano.
Ma non è tutto. Best Union si è aggiudicata anche il servizio per l’installazione e la gestione degli accessi alla manifestazione universale grazie alla partnership instaurata con l’azienda Came Group. Anche qui, dunque, BU ha vinto senza intavolare una trattativa diretta con Expo. “Gestiremo la sorveglianza, il comando, la regolazione e il controllo dei tornelli dell’intero spazio espositivo”, afferma Riccardo Samiolo, strategy e special project manager di Came. In tutto, 240 tornelli automatici, in grado di gestire l’afflusso di circa 140 mila visitatori al giorno con picchi di 250 mila. Una partnership, quella fra Best Union e Came Group “del valore di 4,8 milioni di euro”.
“Hanno cambiato le carte in tavola”
Giorgio Lauretta è l’amministratore delegato di TicketOne Sistemi Culturali. La casa madre TicketOne è l’unica azienda che ha provato ad entrare in partnership con Intesa San Paolo al posto di BU. “A noi rimane un po’ di rammarico – racconta – se avessimo saputo che ci avrebbero chiesto una soluzione standard, avremmo potuto contenere i costi”. Non avrebbe mai pensato di essere escluso, pareva fatta per la sua azienda. TicketOne comincia a collaborare con Expo Spa nel dicembre 2006, quando ancora Milano doveva presentare la propria canditatura al Bie (Bureau international des expositions), il gruppo che organizza gli Expo nel mondo. È proprio TicketOne a elaborare per conto di Expo Spa la parte inerente al servizio di ticketing all’interno del dossier per la candidatura del capoluogo lombardo e a presentarla di fronte al Bureau nell’ottobre del 2007, quando l’esposizione universale deve ancora essere assegnata. Poi la luna di miele s’interrompe: il responsabile Tecnologia di Expo lascia e i rapporti tra TicketOne e Expo si raffreddano. “A quel punto è iniziata la faccenda delle gare ed Expo Spa si è mossa in maniera un po’ strana”, ricorda Giorgio Lauretta. E così le carte in tavola sono cambiate.
All’inizio infatti l’esposizione puntava fortemente sul cosidettoSystem Distribution Platform (SDP), una piattaforma digitale dentro cui convogliare tutti i servizi di Expo, biglietteria compresa. La gara per SDP la vince la ditta Accenture la quale contatta TicketOne per prevedere l’integrazione della biglietteria all’interno della piattaforma digitale, “come previsto da Expo, inizialmente”, afferma Lauretta. Il progetto di TicketOne è costoso, la compatibilità del sistema di ticketing con SDP è infatti oneroso in termini economici. Poi però cambia tutto. Expo rimuove il servizio di biglietteria dal bando per l’SDP e lo inserisce in quello per il banking partner. E così l’interlocutore da Accenture diventa Intesa San Paolo, che è adesso a caccia di una proposta per il servizio di ticketing da inserire nella propria per il servizio di banking.
Il budget proposto da Giorgio Lauretta però è alto, causa SDP. E così TicketOne perde la pole position acquisita negli anni: Intesa vira su Best Union. “Non c’è mai stata una vera e propria offerta formale di TicketOne a Expo Spa – prosegue l’ad Lauretta – perché la gara per la biglietteria l’ha fatta Intesa San Paolo. È stata Intesa San Paolo a selezionare il fornitore del servizio, non Expo. Non mi risulta che alla fine la soluzione di biglietteria adottata presenti questa integrazione con SDP”.
Alla nostra richiesta di chiarimenti, Best Union fa spallucce: “Vi consiglio di contattare l’ufficio stampa di Expo”, afferma il consigliere del Cda Silvano Taiani. “Essendo la nostra azienda quotata in borsa non possiamo rilasciare informazioni che non siano già di dominio pubblico”. Sulla stessa linea è la risposta di Intesa San Paolo. La nostra proposta di incontrare il responsabile per Expo 2015 cade nel vuoto: “Vi faremo sapere quando presenteremo i nostri servizi”, ha risposto l’ufficio stampa della banca. E così i contenuti della trattativa tra Best Union e l’istituto bancario restano un punto interrogativo, alla faccia della trasparenza.
Gli amici di Best Union
Best Union è un’azienda in salute: ha chiuso il primo semestre del 2014 con ricavi per 21,4 milioni di euro, negli anni ha aperto succursali negli Usa, in Gran Bretagna, in Francia, negli Emirati e a Singapore. Fondatore e azionista di maggioranza (con il 37% delle quote) è Luca Montebugnoli, bolognese, appassionato di basket, a cui l’idea di una multinazionale dei biglietti è nata quando da giovane faceva la maschera al Paladozza, il tempio della pallacanestro bolognese. E’ lui il deus ex machina dell’azienda che intreccia rapporti con personaggi chiave del mondo fieristico lombardo. Nel suo cv spuntano infatti interessanti relazioni con il mondo di Comunione e Liberazione. Fra tutte, quella con Banca Akros, dove siede nel Cda. Il presidente della banca si chiama Graziano Tarantini, padre fondatore dellaCompagnia delle Opere di Brescia (braccio finanziario diComunione e Liberazione) nonché intimo amico di Antonio Intiglietta con cui condivide l’appartenenza a Comunione e Liberazione. Presidente di Gestione Fiere, società che organizza Expo Italia Real Estate e la fiera dell’Artigianato di Milano, è Intiglietta l’uomo forte delle fiere a Milano e in Lombardia, capace di aprire le porte del mondo fieristico a chiunque.
A braccetto con Comunione e Liberazione
Best Union graviterà nel mondo fieristico milanese almeno fino alla scadenza del contratto con Expo, fissata a giugno 2016, si legge nel Rfp. Una lunga amicizia iniziata già nell’agosto 2008 quando l’azienda bolognese è stata scelta da Fiera Milano Spa per la gestione dei servizi di biglietteria, accoglienza, controllo accessi e sicurezza delle manifestazioni per il polo fieristico del capoluogo lombardo.
Best Union e Intesa San Paolo condividono le simpatie per il mondo di Comunione e Liberazione e Compagnia delle Opere. Oltre che di Expo 2015, infatti, Intesa è main sponsor del Meeting di Rimini, l’incontro più importante dei militanti ciellini, e ha in corso da più di dieci anni una convenzione con le 38.000 imprese iscritte alla Cdo. Un accordo analogo lega Compagnia delle Opere anche a Banca Popolare di Milano, altro istituto con cui Montebugnoli ha buoni rapporti.
I sindacati alle calcagna
Qualche grattacapo però Best Union ce l’ha. Negli ultimi anni l’azienda è infatti finita sotto i riflettori dei sindacati. Di Best Union criticano il sistema contrattuale che vige alla Fiera di Milano: ogni impiegato prenderebbe lavori solo a chiamata e viene pagato con voucher che prevedono 5,60 euro all’ora. Nei mesi da ottobre a dicembre 2009 diversi dipendenti addetti ai tornelli della Fiera di Milano non hanno ricevuto lo stipendio e in una ventina si sono rivolti allo studio legale associato Paulli Pironti Laratro di Milano.
Ad aprile 2010, dopo un flash mob in Fiera durante il Salone del Mobile, società e lavoratori non pagati i mesi prima hanno trovato un accordo per saldare i debiti, e solo in tre hanno proseguito la causa. Secondo i legali, infatti, potrebbero ottenere un contratto di lavoro occasionale, migliore di quello a intermittenza, considerato che Best Union li ha impiegati in modo continuativo in diversi eventi. I legali sostengono che ci fosse “un sistema di caporalato” per precettare e tenere sotto pressione i dipendenti. Best Union, come detto, non commenta. In primo grado il giudice ha dato torto ai lavoratori, ma i legali sono certi di vincere l’appello, le cui udienze cominceranno il 24 marzo del 2016. Ora dicono di avere in mano le prove che i turni di lavoro fossero organizzati da Best Union e non in autonomia, come invece sostenuto dal giudice in primo grado.
Questo articolo è stato pubblicato su Wired.
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