Expo, Cantone: “Commissariamento per le Vie d’Acqua, ora si può”
Articoli 15/10/2014 Lorenzo Bodrero
di Lorenzo Bagnoli e Lorenzo Bodrero
L’ex responsabile del Padiglione Italia di Expo, Antonio Acerbo, è agli arresti domiciliari da ieri 14 ottobre per ipotesi di corruzione e turbativa d’asta. Nel mirino dei pm milanesi Claudio Gittardi e Antonio D’Alessio vi è l’appalto per le “Vie d’Acqua”, un progetto del valore di oltre cento milioni di euro vinto da un’associazione temporanea di imprese (Ati) guidato dalla società Maltauro Spa, azienda che lo scorso anno ha prodotto un volume d’affari di 450 milioni di euro. Dopo il patron del Gruppo Enrico Maltauro, finito in carcere l’8 maggio scorso, è la volta del cugino Domenico e diAndrea Castellotti, manager della società Tagliabue e facility manager del Padiglione Italia.
In cambio ottiene il lavoro per le Vie d’Acqua, un progetto di nuovi canali da creare e di vecchi da ristrutturare nel capoluogo milanese, ridimensionato dopo le contestazioni dei comitati cittadini.
Negli atti dell’inchiesta ci sarebbe traccia di una consulenza che Domenico Maltauro avrebbe destinato al figlio di Acerbo, Livio, per un valore di 30 mila euro. Un altro tassello del mosaico che delineerebbe il continuo scambio di favori tra l’ex commissario e l’imprenditore vicentino. A ulteriore conferma del reato di corruzione vi sarebbe la testimonianza dell’amministratore delegato della società Tagliabue (anche questa facente parte della Ati per le Vie D’Acqua) Giuseppe Asti. Quest’ultimo avrebbe ribadito la promessa di una consulenza per il figlio di Acerbo il quale in cambio avrebbe poi favorito l’Ati guidata da Maltauro nell’assegnazione dell’appalto per le Vie d’Acqua.
Il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Raffaele Cantone apre così all’ipotesi di commissariare l’appalto, come per altro già avvenuto a luglio con “Architetture di servizio”, altra gara vinta dalla stessa Maltauro. “Fino ad oggi non sussistevano le condizioni probabotorie per un commissariamento delle Vie d’acqua, ora ci sono – spiega il magistrato anticorruzione a Wired – e stiamo valutando l’ipotesi seriamente. Dovremo con calma verificare tutte le informazioni all’interno dell’ordinanza di misura cautelare e poi vedremo”.
Il quadro delineato all’interno delle carte giudiziarie pare preoccupante. La modalità della corruzione sembra comunque ricalcare quanto già descritto nelle ordinanze che a maggio portarono all’arresto di Angelo Paris (direttore della pianificazione acquisti di Expo), Antonio Rognoni (direttore generale di Infrastrutture Lombarde), Gianstefano Frigerio (ex parlamentare di Forza Italia e pluricondannato), Primo Greganti (storico esponente del Pci, noto come “il compagno G”), Sergio Catozzo, (ex Udc e poi berlusconiano), Luigi Grillo (ex Pdl) e di Enrico Maltauro. Proprio dalle dichiarazioni di quest’ultimo sarebbe scaturito il filone di indagine che ha portato ai nuovi arresti.
“C’era un sistema [corruttivo] e io mi adeguavo”, disse cinque mesi fa ai magistrati l’imprenditore vicentino. Le cronache l’hanno battezzata ‘cupola degli appalti’: un comitato d’affari capace di assegnare appalti alle aziende amiche di entrambi i fronti politici.
Così la prima ordinanza descriveva il modus operandi della cupola, durato almeno fino all’ottobre 2013: “Dapprima Greganti e Maltauro si avvalevano dell’inserimento di Commissari gara di propria fiducia grazie ai quali si assicuravano una precostituita ed anticipata valutazione di preferenza del progetto depositato dal Maltauro, eppoi si procuravano, sempre grazie a questi ultimi, costanti informazioni riservate sulla successiva evoluzione dei lavori della Commissione e sull’atteggiamento del relativo Presidente Angelo Paris; infine, Frigerio, Cattozzo e Greganti intervenivano su Rognoni, Direttore di ILSPA – SpA, affinché intercedesse sempre nell’interesse del Maltauro, sul Paris”.
Nei giorni scorsi gli stessi PM milanesi hanno formalizzato al gup la richiesta di giudizio immediato per i sette protagonisti dell’inchiesta di maggio. Secondo la procura, esistono “prove evidenti” che sono alla base della richiesta. Gli investigatori del Nucleo di polizia tributaria, ha scritto il quotidiano La Repubblica il giorno dell’arresto, avrebbero infatti individuato in un centro culturale il fulcro della lobby affaristica capace di determinare la concessione delle gare di appalto per i lavori di Expo, per poi assegnarli ad aziende come la Maltauro in cambio di mazzette e favori sotto banco. Dovranno rispondere di associazione a delinquere, corruzione e turbativa d’asta.
Questo articolo è stato pubblicato su Wired.