Decine e decine di pneumatici uno sopra l’altro. Una scavatrice intenta a raccoglierne chissà quanti ancora. Sono le immagini di un video amatoriale pubblicato su Facebook dal consigliere comunale Mattia Calise del Movimento 5 stelle. Sono state riprese in uno dei cantieri adiacenti al “Decumano”, la strada principale di quello che sarà lo spazio espositivo di Expo 2015. I lavori per la “rimozione delle interferenze”, ossia per ripulire l’area dagli ostacoli che impediscono la costruzione del sito espositivo, dovevano concludersi due anni fa: l’appalto fu il primo ad essere assegnato. Valore: 58 milioni di euro. E fu la prima di una serie di polemiche: l’azienda assegnataria, la Cooperativa muratori e cementisti (Cmc) di Ravenna , se lo aggiudicò con un ribasso del 42%. Una cifra che spinse la procura di Milano ad aprire un’inchiesta a maggio 2012 per ipotesi di turbativa d’asta. E come se non bastasse, la Cmc ricevette da Expo 30 milioni di euro extra-bando per le operazioni di bonifica.
A sei mesi dall’apertura dei cancelli, però, pare che qualcosa ancora si nasconda sotto i terreni dell’esposizione universale.
Con la pubblicazione del video, due domande tornano di attualità:che cosa c’è sotto i terreni del sito espositivo? E chi ha pagato per quei lavori di bonifica? Fosse stata Expo, si tratterebbe di denaro pubblico. Ma quei terreni appartenevano a due privati: Fiera Milano e famiglia Cabassi. Un accordo quadro siglato ad agosto 2012, dopo due mesi dall’aggiudicazione dell’appalto, tra Arexpo (attuale titolare dei terreni) e Expo Spa ha stabilito che i costi della bonifica dovessero essere pagati da Expo, la quale a sua volta si sarebbe poi rivalsa sui vecchi proprietari per un massimo di sei milioni di euro. L’accordo ha però bypassato un ordine del giorno approvato dai consigli comunali di Milano e Rho nel luglio 2011 secondo cui a pagare la bonifica dovevano essere i vecchi proprietari. E allora perché Cmc ha ricevuto quei 30 milioni di euro?
Il Commissario unico di Expo Giuseppe Sala respinge ogni dubbio sulle bonifiche nell’area: “Ho visto il video e non so quanto sia recente, potrebbe anche trattarsi di un caso isolato perchénessuna azienda né Paese nel cantiere ha mai trovato nulla”, ha affermato Sala in risposta ad una domanda dei colleghi di Radio Popolare.
Eppure a David Gentili, presidente della Commissione consiliare antimafia del Comune di Milano, risulta un’altra storia: “Abbiamo saputo che il Padiglione Germania aveva avuto problemi”. A riferirlo era stato il consigliere comunale dell’opposizione e dipendente Expo Fabrizio De Pasquale, durante un evento pubblico a Rho, lo scorso anno. Alla richiesta di chiarimenti, la società ha risposto che la Provincia aveva già rilasciato “l’apposita certificazione positiva”. Secondo un rapporto 2012 dell’Arpa – Azienda regionale protezione ambientale – il 10% del sito aveva bisogno di una bonifica.
“Una cosa è certa: quelli di Expo si sono blindati e non lasciano che nessuno controlli”, commenta a Wired Luca Beltrami Gadola, membro del Comitato di esperti antimafia del capoluogo lombardo.
Il capogruppo per il Movimento 5 stelle al Comune di MilanoMattia Calise, non ha dubbi sull’autenticità del video-denuncia: “Le riprese sono state fatte venerdì scorso [31 ottobre, ndr] da persone che intendono rimanere anonime ma che hanno accesso quotidiano a quei cantieri”. Per il consigliere comunale le priorità sono da un lato accertare le responsabilità e dall’altro garantire la sicurezza degli operai e dei futuri visitatori: “A breve faremo un esposto al nucleo ambientale della polizia locale di Milano, perché questo episodio dimostra che possono esserci altri rifiuti ben più pericolosi dei copertoni. Poi, verificheremo il luogo esatto delle riprese, da lì risaliremo all’azienda che è intestataria dei lavori e controlleremo i loro registri”, conclude Calise.
Quello della bonifica del sito è un capitolo mai chiarito del tutto.Soprattutto a causa della società destinataria di quei 30 milioni extra bando. La Cmc fa parlare di sé da anni: ha in mano i lavori per la costruzione della galleria esplorativa della Tav Torino-Lione, un appalto da oltre 90 milioni di euro, e non solo. Dal 1996 lavora nella base USA di Sigonella, in Sicilia, per la quale gli americani hanno investito circa un miliardo di euro, e rientra nel progetto per la costruzione del ponte sullo stretto di Messina. Cmc può inoltre vantare l’amicizia di Matteo Renzi, la cui missione in Africa avvenuta pochi mesi fa ha consentito alla società ravennate di vincere un appalto da 250 milioni di euro per la costruzione dei 44,8 chilometri del raccordo autostradale che collegherà Luanda alla città di Soyo, in Angola.
La Cmc, inoltre, compare spesso nelle carte dell’inchiesta sulla “cupola degli appalti” di Expo in mano al pool milanese guidato dal pm Alfredo Robledo. Secondo gli inquirenti, vi sarebbe un “accordo di partnership sottoscritto da Seinco En-ri srl”, società riconducibile a Primo Greganti, “con la Cooperativa Muratori & Cementisti”. Il contenuto dell’accordo avrebbe previsto “una provvigione sulle attività e progetti” e sarebbe stato inviato via e-mail dal “compagno G”, arrestato lo scorso maggio, a Dario Foschini, amministratore delegato di Cmc.
Di grattacapi la cooperativa ne ha anche in Puglia. La procura di Trani, guidata dai magistrati Antonio Savasta e Giuseppe Maralfa, nell’ottobre 2013 ha arrestato il responsabile dei Lavori marittimi e direttore del cantiere, Giorgio Calderoni, nell’ambito dell’inchiesta sui lavori del porto di Molfetta. Tra i nomi iscritti nel registro degli indagati risultano anche il presidente di Cmc Massimo Matteucci, l’amministratore delegato Dario Foschini e il dirigente tecnicoCarlo Parmigiani. La procura sospetta un utilizzo improprio dei finanziamenti pubblici, circa 147 milioni in dieci anni, erogati per i lavori del porto del comune pugliese. E anche qui sussistono problematiche ambientali: i lavori infatti hanno subito forti rallentamenti per la presenza di residui bellici.
Intanto gli operai della Cmc, che conta 8.500 dipendenti in Italia e nel mondo, impegnati sui cantieri dell’Expo non si fermano. Oltre ai lavori per la rimozione delle interferenze e quelli per la “Piastra”, hanno i padiglioni di Francia e Tailandia da completare.
Questo articolo è stato pubblicato su Wired.