di Lorenzo Bagnoli e Lorenzo Bodrero
Meno 37. È questo l’indice del ritardo dei lavori sul cantiere di Expo 2015, secondo una scala che va da – 100 (lavoro ancora da iniziare) a lavoro finito (100), in base ai dati messi a disposizione da OpenExpo. L’indice zero viene assegnato all’appalto che è in linea con la tabella di marcia stabilita in fase contrattuale. In ottobre, gli stessi dati registravano 15 appalti con un indice di ritardo “molto alto”, tra il – 80 e il – 100. In termini assoluti significa 27 appalti sui 34, all’epoca in fase di realizzazione. L’indice comprende tutti gli appalti, anche quelli di poche decine di migliaia di euro, facilmente recuperabili. Ma la fotografia scattata da OpenExpo resta: il tasso di ritardo è ancora alto. E all’apertura del primo maggio mancano solo 50 giorni.
Dalle immagini che ogni settimana sono registrate dal drone che sorvola il sito, si vede il padiglione crescere. Il Commissario unicoGiuseppe Sala mostra invece un marcato ottimismo: “Le cose vanno avanti bene, siamo obiettivamente intorno al 90 per cento. I lavori sono quasi completati per quanto riguarda le infrastrutture”, ha dichiarato due giorni fa a Repubblica in occasione della imminente visita ai cantieri del premier Matteo Renzi, in programma domani.
Non manifesta lo stesso ottimismo Antonio Lareno, responsabile Cgil per Expo Milano 2015: “Al momento nessuno può dire esattamente anche punto siano. Lo sapremo solo dieci giorni prima dell’apertura dei cancelli”. Non sarebbe la prima manifestazione ad aprire incompiuta: capitò ad Hannover nel 2010 con un decimo degli stand, e capitò a Shanghai, dove un quinto dei padiglioni erano a rischio a quattro mesi dall’apertura dei cancelli.
Impossibile accelerare: sui 110 ettari del sito principale lavorano tra i 3.300 e i 3.500 operai al giorno, per 1.230 aziende italiane e otto straniere. Il traffico sul sito espositivo obbliga chi fa visita al cantiere di restare in pullman, per visionare giusto le due arterie di Expo: il cardo e il decumano.
A questa regola si sono dovuti adattare anche i consiglieri comunali della Commissione Expo di Milano che hanno “visitato” il sito il 30 gennaio scorso. Una visita però interdetta però ai giornalisti. “Ci sono aree dove si vede che sono ancora indietro – spiega il consigliere PD Andrea Fanzago, tra i presenti alla visita -. Lo stesso Padiglione Italia è in ritardo (lo confermano i dati OpenExpo: l’indice è -68, ndr), così come lo sono i lavori per i padiglioni di alcuni paesi”. Il Padiglione Zero (o Expo Center), uno dei luoghi chiave dell’intera area che accoglierà tutti gli eventi culturali e di intrattenimento, segna ancora -81.
E poi ci sono gli allacciamenti all’acqua e al sistema elettrico da completarsi: non un lavoro da niente, visto che nella zona di bar, ristoranti, servizi igienici, spazi commerciali, assistenza, servizi per la sicurezza e tutte le cosiddette “architetture di servizio” si è ancora attaccati al generatore. Se i padiglioni di Bahrein, Repubblica Ceca, Svizzera e Angola sono al completo, Olanda, Ecuador, Polonia e Turchia sono ancora in alto mare. Tanto che si teme che non riusciranno ad aprire entro il primo di maggio.
Secondo quanto dichiarato da Expo spa al Sole24Ore, complessivamente il 60% dei padiglioni è completato. I partecipanti, alla fine, saranno 53: India e Lettonia hanno dato forfait a causa dei prezzi diventati insostenibili. Al ritardo per la costruzione poi si dovrà sommare quello per affidare il servizio di consegna dei mobili sul cantiere e quello per le pulizie. Una volta in piedi un padiglione va anche riempito.
Anche Cascina Triulza, il padiglione della società civile, è in ritardo: il termometro dei lavori segna – 41, per un appalto che in totale vale più di 10 milioni di euro. Altro appalto in ritardo è quello per la rimozione delle interferenze, che è stato vinto con una maggiorazione del 76% dalla CmC di Ravenna, azienda finita sotto osservazione dagli inquirenti più di una volta, con un indice di ritardo di -10, nonostante fosse tra i primi lavori a dover essere completato.
Questo articolo è stato pubblicato su Wired.