Per lo Stato italiano le vittime di mafia e terrorismo non sono tutte uguali Per lo Stato italiano le vittime di mafia e terrorismo non sono tutte uguali
Per l'Italia, le vittime innocenti di mafia o terrorismo non sono tutte uguali. Alla fine degli anni '70, infatti, le uniche categorie di vittime... Per lo Stato italiano le vittime di mafia e terrorismo non sono tutte uguali

Per l’Italia, le vittime innocenti di mafia o terrorismo non sono tutte uguali.

Soprattutto, non lo sono a livello storico: chi è stato ucciso dalla criminalità organizzata prima del 1961, ad esempio, è ancora oggi ‘dimenticato’ dalla legge sui risarcimenti. Ed è già un miglioramento se si pensa che, fino agli anni ’90, ai morti per mano della mafia non venivano riconosciuti né benefici né compensazioni.

Un’evoluzione dettata dalle stragi

Ma partiamo dall’inizio. Alla fine degli anni ’70, infatti, le uniche categorie di vittime ‘protette’ e riconosciute dallo Stato – tramite una legge risalente al 1950 – erano i caduti e i mutilati di guerra.

Nell’ultimo trentennio, tuttavia, il Legislatore è intervenuto a più riprese per tutelare le vittime di terrorismo, della criminalità organizzata e del dovere.

Pubblicato su Vice News.

Pubblicato su Vice News.

La prima legge venne emanata poco dopo la strage avvenuta alla stazione ferroviaria di Bologna—la n. 466 del 1980, ‘Speciali elargizioni a favore di categorie di dipendenti pubblici e di cittadini vittime del dovere o di azioni terroristiche’.

L’esplosione nel capoluogo emiliano, che uccise 85 persone, non fu soltanto il più grave atto terroristico avvenuto in Italia nel secondo dopoguerra, ma segnò dunque una svolta giuridica epocale per le vittime innocenti del nostro Paese.

Nel 1981 il Legislatore estese poi il ventaglio delle categorie includendo i militari di leva e di professione che durante “il periodo di servizio” subiscono “un evento dannoso che ne provochi la morte o che comporti una menomazione dell’integrità fisica.”

Lo stato si accorge dei ‘morti di mafia’

Bisognerà però attendere il 1990 perché i benefici vengano allargati anche alle vittime della criminalità organizzata. Come per la strage di Bologna, anche allora lo Stato approvò una legge apposita sull’onda di un evento straordinario.

Eravamo infatti nel pieno della ‘stagione delle stragi’—una guerra, contro Cosa Nostra e non solo, che insanguinava le strade del nostro Paese, capace di mietere 497 vittime innocenti dal 1982 al 1994.

Il 20 ottobre di quell’anno, il Parlamento approvò una legge contenente Norme a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, che per la prima volta si poneva l’obiettivo di garantire ai ‘morti innocenti di mafia ‘morti innocenti di mafia’ e ai loro congiunti un trattamento paritario a quello riservato alle vittime del terrorismo.

L’intento di quelle due leggi – 1980 e 1990 – fu quello di offrire un sostegno prima economico, e poi morale, alle vittime innocenti. Obiettivo raggiunto il primo, ancora lontano il secondo—tenuto conto delle differenze con cui lo Stato viene incontro alle diverse categorie di vittime.

I benefici comuni

Oggi, lo Stato italiano distingue le vittime in base alla natura dell’evento stragistico – mafia o terrorismo – che ne ha causato l’invalidità o la morte.

Il risultato è però una legislazione frammentata e aperta a interpretazioni che, in ultima analisi, crea evidenti disparità di trattamento a seconda che una persona venga considerata appartenente a una categoria oppure all’altra.

I benefici sono molteplici e possono essere suddivisi in quattro tipologie. Vi sono le elargizioni assistenziali, i benefici tributari, pensionistici e lavorativi.

Comuni a tutte le categorie, a oggi, esistono alcuni benefici assistenziali, come un assegnouna tantum di 2.000 euro per ogni punto percentuale di invalidità—fino a un massimo di 200.000 euro.

In aggiunta, in caso di invalidità permanente non inferiore al 25%, è prevista l’erogazione di un assegno mensile di 500 euro e dello ‘speciale assegno vitalizio’ di 1.033 euro, entrambi esentasse.

In caso di decesso, l’importo di 200.000 euro viene diviso in parti uguali tra i famigliari superstiti aventi diritto (coniuge e figli), mentre gli assegni mensili vengono erogati a ciascuno di essi.

Le agevolazioni tributarie consistono nell’esenzione del pagamento IRPEF, mentre per quanto riguarda i benefici lavorativi è previsto il diritto al collocamento obbligatorio. Tra gli altri vantaggi da segnalare, l’esenzione dal pagamento dei ticket sanitari.

mafia terrorismo

Le disparità più evidenti

Le disparità maggiori emergono, invece, in merito ai benefici pensionistici.

Qui la normativa lascia il campo a interpretazioni che spesso causano gravi discriminazioni—in quanto ulteriori importanti benefici sono riservati, per ora, alle sole vittime del terrorismo.

Esempi evidenti sono la strage di Capaci e quella di via d’Amelio.

“Pur essendo tutti vittime di mafia,” spiega a VICE News l’avvocato Maurizio Guerra, “alcune [delle persone uccise], di competenza del Ministero della Giustizia, sono state inquadrate come vittime del terrorismo. Altre, di competenza del Ministero dell’Interno, sono state considerate vittime della criminalità organizzata.”

Differenza non di poco conto, spiega Guerra, dal momento che “solo per le vittime del terrorismo e per i loro famigliari sono previsti ulteriori agevolazioni”.

Agevolazioni che consistono nell’aumento figurativo di dieci anni di anzianità contributiva con la pensione pari all’ultima retribuzione, costantemente adeguata al trattamento di attività del pari grado o qualifica ancora in servizio, incrementata del 7,5% se riportano un’invalidità permanente non inferiore all’80%.

Lo stesso trattamento vale per le persone con una invalidità non inferiore al 25% e che proseguono l’attività lavorativa raggiungendo il massimo del periodo pensionabile. Questo tipo di agevolazioni non sono accessibili alle vittime di mafia, a meno che l’evento lesivo venga espressamente riconosciuto come di ‘stampo terroristico’.

“Affinché le vittime della criminalità organizzata (e i loro familiari superstiti, ndr) possano usufruire di questi benefici – spiega l’avvocato Guerra – è necessario che dalle indagini emerga con chiarezza la natura terroristica dell’azione e che sia accertata l’estraneità della vittima (e dei familiari superstiti, ndr) agli stessi fatti delittuosi.”

Nell’intersezione tra queste due possibilità, si riscontrano tanti ‘casi limite’. Guerra ne illustra uno: “Stiamo seguendo il caso di un attentato mafioso in cui l’uomo ucciso aveva moglie e figli. La legge prevede che a ciascuno dei famigliari spetti l’erogazione degli speciali assegni mensili. Purtroppo però, nella fase istruttoria amministrativa, il Ministero competente, interpretando a modo suo la legge, ha negato tali benefici economici a uno dei componenti del nucleo familiare che risultava indagato per un reato minore, anche se il crimine non aveva nulla a che fare con l’omicidio in questione. Abbiamo perciò agito in sede giudiziale per l’applicazione corretta della legge.”

L’aula di un tribunale però non è l’unica via per accedere ai benefici statali. “In ogni caso, il primo passo da compiere è una istanza da inviare alle Amministrazioni competenti”, aggiunge l’avvocato.

Perché vengano riconosciuti i vitalizi alle vittime non è dunque necessario arrivare ad una sentenza o alla condanna degli imputati. È sufficiente che il procedimento, giuridico o amministrativo, stabilisca la matrice mafiosa o terroristica dell’evento in cui le vittime sono state coinvolte.

L’anomalia temporale

Per chi è stato ucciso prima degli anni ’60, tuttavia, accedere ai risarcimenti è impossibile: la legge prevede infatti le compensazioni solo alle persone che sono morte dopo il primo gennaio 1961. Prima di quella data, in pratica, per lo Stato non ci sono state vittime innocenti di mafia.

Gli esempi, tuttavia, sono numerosi. “Placido Rizzotto, sindacalista siciliano ucciso da Cosa Nostra nel 1948, per lo Stato italiano non è vittima di mafia,” spiega a VICE News Daniela Marcone, vicepresidente dell’associazione Libera, che chiede da tempo l’eliminazione di questo vincolo temporale.

“Per noi lo è senza dubbio; per questo abbiamo incluso il suo nome nel nostro elenco delle vittime della criminalità organizzata. E come lui, tanti altri. Abbiamo chiesto da tempo l’eliminazione di questo limite temporale che riteniamo anticostituzionale ma che, ad oggi, esiste ancora.”

Oltre alle persone di nazionalità europea vittime di attacchi terroristici e mafiosi occorsi in Italia, i vitalizi statali sono previsti anche per gli italiani morti all’estero. È il caso, per esempio, dell’attentato terroristico avvenuto a Sharm el-Sheikh nel luglio del 2005, in cui persero la vita sei persone di nazionalità italiana.

Uno strumento in più: il Fondo di rotazione

Dal 1999 l’Italia dispone di un ulteriore strumento economico: si tratta del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, che nel 2011 è stato unificato con quello per le vittime di estorsione e usura.

Un tesoretto costituito per fare fronte alle richieste di risarcimento danni avanzate dalle vittime o dai famigliari, soprattutto per la copertura delle spese legali. Le norme che ne regolano l’accesso sono le stesse citate nella legge sui vitalizi: previa costituzione di parte civile, mancanza di condanne di reati gravi ed estraneità ai fatti.

“La costituzione di un unico fondo, in anni di crisi e di tagli, ha consentito di provvedere al risarcimento alle vittime della mafia in un’unica soluzione. Negli anni precedenti era invece prevista una rateizzazione in più anni,” spiega a VICE News Riccardo Carpino, Commissario per il coordinamento delle iniziative di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso.

Il Fondo di rotazione si trova però a fronteggiare ancora molte criticità, la più seria delle quali è l’eventualità di incappare in richieste di risarcimento danni da parte di persone che seppur prive di condanne per reati gravi risultino comunque “appartenenti o contigue ad organizzazioni criminali di tipo mafioso”.

Una certezza assoluta spesso difficile da raggiungere, senza la quale il comitato si trova costretto a “rigettare le richieste dei soggetti per i quali risulti una contiguità con un’organizzazione criminale”, afferma Carpino, con la conseguenza che le persone che si vedono negare l’acceso aprano un contenzioso con il Ministero dell’Interno.

“È stata prevista una modifica normativa che al momento e all’esame del Parlamento e la cui approvazione potrebbe dare maggiori elementi di certezza”, conclude Carpino.

 

Gli ultimi dati disponibili dicono che dal 2009 al 2014 il Fondo di rotazione ha potuto contare su una media di 134 milioni di euro e erogato rimborsi alle vittime di circa 49 milioni di euro all’anno.

Circa il 70% delle istanze di richiesta provengono da privati cittadini, il resto da comuni e associazioni.

Questo articolo è stato pubblicato su Vice News.

No comments so far.

Be first to leave comment below.

Your email address will not be published. Required fields are marked *