La ‘gola profonda’ del calcio che minaccia i poteri forti La ‘gola profonda’ del calcio che minaccia i poteri forti
L'hanno chiamata la 'Wikileaks del calcio', e pubblica quasi quotidianamente documenti riservati che stanno imbarazzando il mondo del calcio professionistico. Che cos'è Football Leaks... La ‘gola profonda’ del calcio che minaccia i poteri forti

L’avevano chiamata la “Wikileaks del calcio,” quando lo scorso ottobre esordì sul web pubblicando contratti e documenti confidenziali tra i più importanti club europei e i fondi di investimento. Da allora, Football Leaks non si è più fermata, e con cadenza giornaliera rende pubblici accordi riservati in grado – come è capitato spesso – di gettare nell’imbarazzo il mondo del calcio professionistico.

Solo pochi giorni fa, il sito ha messo a disposizione i dettagli del rapporto tra Real Madrid e Juventus sul diritto di recompra di Alvaro Morata – fissato a 20/30 milioni, esercitabile a luglio 2016 e 2017, e prima di allora ignoto.

I primi a pagare dazio in modo serio, però, sono stati gli olandesi del Twente FC, a cui la federcalcio olandese (KVNP) ha vietato la partecipazione alle competizioni europee per tre anni.

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In quella vicenda, i documenti pubblicati rivelavano accordi privati tra il club dei Paesi Bassi e il fondo di investimento Doyen Sports – tra i più esposti dalle rivelazioni del sito di whistleblowing – tenuti nascosti alla federazione.

Questi prevedevano un investimento di cinque milioni di euro nelle casse del club in cambio di una percentuale sul futuro trasferimento di sette giocatori. La pratica, nota come Third-party Ownership (TPO), è stata giudicata illecita da parte della KNVB, poiché creava un rapporto di dipendenza della società nei confronti del fondo di investimento — il quale avrebbe potuto influenzarne il calciomercato.

Ma cosa sono i TPO? Per fare chiarezza, VICE News ha raggiunto Pierfilippo Capello, figlio e agente dell’ex giocatore di Milan e Juventus, nonché avvocato di diritto sportivo ed ex consulente del fondo di investimento lussemburghese FairPlay Capital.

“Anzitutto distinguiamo tra ‘diritti economici’ e ‘diritti sportivi’ di un calciatore,” spiega Capello. “Di quelli sportivi può essere titolare uno ed un solo club che sia iscritto ad una federazione della FIFA, e non possono dunque essere ceduti a terzi. Quanto ai diritti economici, il club vende una quota di un giocatore ad un soggetto terzo. Nel momento in cui il club vende il calciatore a un secondo club, il soggetto terzo rivendica parte degli introiti in base alla quota in suo possesso. Il prezzo viene quindi considerato alla pari di un asset di bilancio.”

In Sud America la maggior parte dei settori giovanili sono finanziati così da trent’anni. “Un fondo acquista il 10-20 per cento di un centinaio di ragazzi,” spiega Capello. “Il vantaggio è che il ragazzo viene seguito fin dall’inizio della sua carriera, e sia il club che il fondo hanno tutti gli interessi a coltivare le doti del calciatore, prodigandosi per trasferirlo in una squadra più in vista, oppure in una minore ma dove ha più possibilità di giocare. Lo svantaggio principale è che il giocatore si trova a subire pressioni da parte di più soggetti, i quali sono più interessati a guadagnare dalla cessione del suo cartellino che a tutelarne la carriera sportiva.” Un tipo di ingerenza che la FIFA intende contrastare.

Ma al mondo della finanza non manca certo la creatività, specie in un mercato – come quello della compravendita dei calciatori – che solo nel 2015 ha registrato trasferimenti pari a circa 4 miliardi di euro.

Al TPO è stata aggiunta quindi una sua evoluzione, il Third-party Investment (TPI). Questo, come nel caso del Twente, prevede l’iniezioni di capitale in una società sportiva da parte di un soggetto terzo in cambio di un ritorno economico al momento della vendita di determinati calciatori.

La FIFA, fresca di nomina del nuovo presidente Gianni Infantino lo scorso venerdì, aveva dichiarato guerra ai TPO a maggio 2015, con l’entrata in vigore di un nuovo regolamento sul trasferimento dei calciatori.

La federazione, che negli scorsi anni ha sanzionato i tre top club spagnoli – Real Madrid, Barcellona, Atletico Madrid – per aver infranto il regolamento sul trasferimento di giocatori minorenni, ha espresso il proprio consenso all’avvento della piattaforma Football Leaks: “Ci sono andati pesante, ma per noi qualsivoglia tipo di informazione è estremamente utile, compreso questo,” aveva affermato un mese fa il general manager del Sistema di Trasferimenti della FIFA, Mark Goddard.

VICE News ha chiesto conto alla FIFA stessa delle sanzioni fin qui inflitte dall’entrata in vigore del nuovo regolamento: l’unico club coinvolto è stato finora il FC Seraing, squadra di seconda divisione belga, sanzionata con una multa di 150mila franchi svizzeri e il blocco del calciomercato per due stagioni. Un provvedimento in nove mesi. E, di nuovo, è la Doyen Sports ad aver intavolato TPO finiti sotto i riflettori.

“La verità è che tutti i club, piccoli e grandi, sono alla finestra in attesa di capire cosa succederà,” afferma Pierfilippo Capello. “Se guarda il regolamento FIFA, quello che manca è una chiara esposizione delle sanzioni in cui si incorre. Se consiste in un 10 per cento del valore del trasferimento di un calciatore, allora quasi tutti i club continueranno a utilizzarli. Se invece squalificano il club per due anni dalle competizioni europee, beh allora è un altro discorso.”

Il ricorso presentato dal FC Seraing è stato respinto dalla FIFA la scorsa settimana, ma la possibilità che i fondi continuino ad insistere sui TPO rimane. “Il vero problema secondo me è la mancanza di regole,” spiega l’avvocato Capello.

“In un mondo dove tutti – calciatori, squadre, procuratori – sono vincolati da regolamenti molto rigidi e si rischiano sanzioni e squalifiche, sono arrivati questi fondi che invece potevano fare quello che volevano perché non ricadono sotto il diritto sportivo. La battaglia della FIFA è contro i club, non contro i fondi di investimento. Giuridicamente non può essere altrimenti.”

In Inghilterra le TPO sono vietate dal 2006 quando, dopo il passaggio dal Corinthians al West Ham di Carlos Tevez e Javier Mascherano, si scoprì che i diritti economici dei calciatori appartenevano in realtà ai fondi Media Sports Investments e Just Sports Inc. Le irregolarità rilevate nei contratti spinsero la Premier League a sanzionare il club inglese con la cifra record di 5,5 milioni di euro. Porte chiuse ai TPO anche in Francia. E in Italia?

Con i club della Serie A costretti a raschiare da anni il fondo delle proprie casse, anche il nostro campionato ha rivolto la propria attenzione verso i fondi di investimento. Il primo contatto è avvenuto a luglio 2013, quando il gota del calcio nostrano – rappresentato dai presidenti Adriano Galliani, Claudio Lotito, Enrico Preziosi e Antonino Pulvirenti – si dà appuntamento in un resort di Taormina.

L’ospite d’onore è Nelio Lucas, amministratore delegato di Doyen Sports. Portoghese anche lui, come il suo collega Jorge Mendes, il più influente procuratore del calcio che conta e che cura gli interessi di, tra gli altri, Cristiano Ronaldo, James Rodriguez, Angel Di Maria, Thiago Silva, Radamel Falcao, David De Gea e José Mourinho.

Doyen e Mendes sono tra i bersagli preferiti di Football Leaks, a tal punto che l’agente lusitano ha di recente assoldato una società di spionaggio informatico per scoprire chi si cela dietro la piattaforma di whistleblowing. L’obiettivo di quel primo incontro è noto a tutti gli addetti ai lavori: aprire le porte ai fondi di investimento e dare così ossigeno al futuro del calcio italiano.

Passa un anno e il Sole-24 Ore anticipa i contenuti dell’accordo con le parole dello stesso Lucas: un budget complessivo da 200 milioni di euro, di cui il 50 per cento a finanziare i club nel calciomercato, il 20 per cento a coprire altre spese come la ristrutturazione dei debiti, un altro 20 per cento per diritti di immagine e un 10 per cento al potenziamento delle politiche commerciali, di marketing e di scouting poiché, secondo Lucas, “fondi e società di investimento rendono le società sportive maggiormente competitive.”

Nelio Lucas e Adriano Galliani, dal profilo Instagram di Bee Taechaubol.

Nelio Lucas e Adriano Galliani, dal profilo Instagram di Bee Taechaubol.

 

Da allora è calato il silenzio. Fino all’estate scorsa quando Silvio Berlusconi entra in trattativa con il magnate thailandese Bee Taechaubol per la vendita di una parte delle quote del Milan. Si viene infatti a sapere che il fondo di investimento, che ha sede legale a Malta, èadvisor sportivo del broker asiatico.

Il resto è cronaca nota. Al momento la trattativa con il club rossonero è congelata, e di quei 200 milioni preventivati non si hanno più notizie.

“Per quanto ne so, la Doyen vede la Serie A come un campionato poco sicuro in termini di investimenti finanziari, molto meno stabile e redditizio della Premier League o della Bundesliga,” aggiunge Pierfilippo Capello. “Immagino che per il momento l’interesse possa essere rivolto solo verso i singoli club per capire se collaborare e in che modo. Tutto però è stato rallentato dalla nuova normativa.”

La FIGC non ha risposto alla richiesta da parte di VICE News di commentare se e come i fondi di investimento abbiano un ruolo nel calcio italiano. “La mia impressione è che il mondo della finanza abbia fame di calcio, e che il calcio abbia fame di investimenti,” continua l’avvocato Capello.

“So per certo che si stanno interrogando su quale sia il modo migliore per investire in maniera lecita. Perché accada però le regole devono essere chiare: un investitore può accettare anche di buon grado un investimento rischioso, purché sia lecito. Non è certo disposto a comprare un quadro di Picasso per poi scoprire il giorno dopo che la compravendita di quadri pregiati è vietata.”

Questo articolo è stato pubblicato su Vice News Italia il 3 marzo 2016

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