E’ arrivato l’ok della Camera alla proposta di legge sulle «misure per la prevenzione della radicalizzazione e dell’estremismo violento di matrice jihadista» (251 favorevoli, con il “no” di Forza Italia, M5S e Lega). Il voto del 18 luglio ha dato così il via libera alla realizzazione di un programma nazionale che favorisca la prevenzione, ma anche la deradicalizzazione, sotto gli aspetti culturale, educativo e lavorativo dei soggetti coinvolti, italiani e non.
CONTRASTARE SOLO LO JIHADISMO. Il provvedimento approvato va a integrare e completare il dispositivo di contrasto al radicalismo integralista lanciato con il decreto antiterrorismo del 2015. In altre parole, non più solo repressione fatta di inchieste, arresti, espulsioni e azioni di intelligence. A breve, una volta ricevuto il benestare del Senato, l’Italia si doterà di strumenti capaci di andare a contrastare il germe del jihad prima ancora che attecchisca. Per farlo, verranno coinvolti attori pubblici (la scuola, anzitutto) e soggetti della società civile: educatori, rappresentanti del mondo islamico, dell’accoglienza, operatori socio-sanitari e dei servizi sociali. Ma vediamo più nel dettaglio i principali punti all’interno del provvedimento.
REGIA NAZIONALE, PRATICA LOCALE. Verrà istitutio il Centro Nazionale sulla Radicalizzazione (Crad). Gestito dal Dipartimento delle libertà civili e dell’immigrazione del Ministero dell’Interno, il Crad fungerà da cabina di regia nazionale e dovrà stilare un piano strategico approvato dal Consiglio dei ministri. L’operatività sarà invece in mano ai Centri di coordinamento regionali sulla radicalizzazione (Ccr) che saranno in capo alle prefetture dei capoluoghi di regione.
Sono previste attività volte a formare il personale delle forze di polizia, della magistratura, delle scuole e delle università. Non solo corsi di lingua ma anche nozioni in ambito storico e culturale. All’Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e per l’intercultura spetterà l’elaborazione di linee guida sul dialogo interculturale e interreligioso, ispirandosi a quanto prevede il piano strategico nazionale del Crad. La Rai provvederà alla creazione di una piattaforma multimediale su cui trasmettere prodotti informativi e formativi in italiano e in arabo, nonché il lancio e la diffusione di campagne di informazione.
MONITORARE E RIEDUCARE I DETENUTI. Una marcata attenzione è dedicata agli internati. Sentito il Garante dei detenuti, verrà stilato un piano nazionale di intervento per prevenire la radicalizzazione all’interno delle carceri e rieducare coloro che già hanno dato segni di estremismo. Secondo il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, al momento nelle carceri italiane sono rinchiuse 45 persone condannate per terrorismo internazionale. Nella cosiddetta “relazione Vidino”, da cui la proposta di legge ha trovato forte ispirazione, si afferma che dei 56.436 detenuti presenti nelle carceri italiane, 345 (lo 0,6%) sono attualmente sotto osservazione per legami con il terrorismo, 153 quelli classificati ad alto rischio di radicalizzazione.
SETTE FOREIGN FIGHTER IN ITALIA. Secondo i dati del ministero dell’Interno, gli arresti per terrorismo nel 2016 sono stati 34. Con l’espulsione di un cittadino marocchino lo scorso 14 luglio, le espulsioni dal gennaio 2015 a oggi per persone gravitanti in ambienti di estremismo religioso sarebbero 196 (64 dall’inizio dell’anno). I foreign fighter collegati con l’Italia sono invece 110 (contro i 1.500 della Francia, i 1.000 della Germania e i 500 del Belgio) di cui solo sette sarebbero tornati (i cosiddetti returnee) e si troverebbero sul nostro territorio.
Il disegno di legge contiene l’esplicita previsione di un impegno per promuovere il dialogo interreligioso e interculturale e per contrastare ogni forma di discriminazione, tra cui l’islamofobia
Il terrorismo islamico in Italia è evidentemente contenuto. La tendenza è però in crescita sia nelle carceri (dove fonti interne registrano un aumento di attività di proselitismo) sia all’esterno. È questo uno dei punti su cui batte la commissione, guidata da Vidino, che in quattro mesi ha stilato una relazione destinata al Ministero dell’Interno: «Un insieme di elementi – da tensioni sociali interne dovute anche al massiccio influsso di rifugiati, agli sviluppi sullo scacchiere geopolitico globale, dalla presenza di nuovi carismatici leader islamisti, all’introduzione da parte di alcuni stati di propaganda di stampo islamista nel nostro Paese – potrebbe far mutare gli equilibri finora visti». Elementi che si aggiungono a due incroci storici fondamentali: nei prossimi anni infatti «vedremo un aumento della popolazione islamica nella fascia di età critica, sia per la più folta presenza di una generazione di musulmani nati e/o cresciuti in Italia sia tramite i nuovi arrivi dovuti al flusso migratorio».
UNA RISPOSTA ALTERNATIVA. La relativa quiete che il nostro Paese attraversa rappresenta dunque il momento migliore per intervenire «con misure volte a favorire l’integrazione e prevenire la radicalizzazione di questo gruppo», scrive la commissione. Cosa fare con un soggetto che non compie alcuna attività penalmente rilevante ma che, comunque, è evidentemente radicalizzato? Con il provvedimento approvato alla Camera, l’Italia ha finalmente una risposta a questa domanda. Che è poi ciò che stanno facendo la maggior parte dei Paesi membri da diversi anni (l’Italia era tra le sole quattro nazioni europee a non avere ancora un programma di prevenzione alla radicalizzazione violenta), con esempi virtuosi in Gran Bretagna, Danimarca, Olanda e Norvegia.
RIFERIMENTO A UN SOLO ESTREMISMO. Non erano in pochi ad augurarsi che prima dell’approvazione alla Camera venisse rimosso il riferimento al solo estremismo di matrice jihadista, così da allargare il contesto di azione della legge e includere il contrasto a tutti gli estremismi violenti (si pensi a quello anarchico-insurrezionalista e a quelli di estrema destra). La porta rimane però aperta. «Il disegno di legge, anche in conseguenza degli emendamenti accolti, contiene l’esplicita previsione di un impegno per promuovere il dialogo interreligioso e interculturale e per contrastare ogni forma di discriminazione, tra cui l’islamofobia», ha affermato a Lettera43.it Andrea Giorgis, deputato Pd e membro della Commissione per gli affari costituzionali.
Questo è articolo è stato pubblicato su Lettera43 il 23 luglio 2017.
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