Ritorno in America
Articoli 22/05/2018 Lorenzo Bodrero 0
Esistono eccome offerte che non si possono rifiutare. La lezione offerta dalla pellicola Il Padrino deve essere risuonata forte lo scorso 8 maggio nelle stanze della Fifa quando Stati Uniti, Messico e Canada insieme hanno calato l’asso sul tavolo che decide l’assegnazione dei Mondiali 2026: la promessa di 10 miliardi di euro di profitti per l’organizzazione guidata dall’italo-svizzero Gianni Infantino. Una cifra mai lontanamente sfiorata dalle precedenti edizioni della Coppa del mondo.
Gli Usa, memori della sconfitta subita nell’edizione 2010 quando il consiglio della Fifa preferì il Sud Africa, hanno fatto squadra e, riuniti dietro il nome di “United 2026”, sono in corsa per ospitare il torneo tra otto anni in quella che è una vera e propria cordata nordamericana. Ma la promessa di profitti stellari non è l’unica carta giocata. La documentazione consegnata alla Fifa contiene anche una lettera firmata dal governo statunitense in cui viene garantita la cessione di visti di ingresso ad atleti, staff, tifosi e giornalisti indipendentemente dall’appartenenza religiosa e dal Paese di origine. Musica per le orecchie della Fifa, la quale non vede di buon occhio il Muslim Ban voluto da Donald Trump che al momento impedisce l’ingresso su suolo americano di cittadini provenienti da sei Paesi a maggioranza musulmana (l’Iran, per esempio, si è qualificata alle edizioni 2014 e 2018).
L’altro contendente, il Marocco, gareggia da solo. L’offerta di United 2026, presentata in toto a Bruxelles la scorsa settimana, prosegue sciorinando numeri particolarmente allettanti. Il presidente della federazione calcistica Usa, Carlos Cordeiro, prevede «la Coppa del mondo più redditizia e di successo di sempre» con ricavi per 14 miliardi di dollari e 11 miliardi di profitti per la Fifa. La sola vendita dei diritti televisivi produrrebbe un gettito da 5 miliardi, ulteriori 3,6 miliardi arriverebbero da sponsor e dalla vendita di licenze e altri 2,5 miliardi di dollari dalla vendita dei biglietti. Si tratta appunto di previsioni ma le stime, seppur da capogiro, sembrano plausibili considerato che l’edizione 2026 sarà la prima con 48 Nazionali partecipanti che disputeranno 80 partite (oggi sono 32 squadre e 48 partite). Fra tutte, la voce sponsor deve risultare piuttosto invitante per la Fifa: dopo lo scandalo che ha travolto l’organizzazione allora guidata da Sepp Blatter, i più grandi marchi internazionali (Sony e Emirates Airline, tra gli altri) hanno deciso di snobbare i Mondiali di Russia 2018 preferendo non investire in un evento organizzato da un’organizzazione che da anni viene associata a una parola sola: corruzione.
Di quanto siano fondamentali gli sponsor per le casse della Fifa lo certificano i numeri. Tra marketing e acquisto di licenze, i grandi marchi contribuiscono a un terzo del fatturato della Fifa negli anni in cui si disputa la coppa del mondo. Circa il 52% arriva invece dalla vendita dei diritti televisivi.
Ma non è solo una questione di profitti. United 2026 può contare su capacità organizzative collaudate e infrastrutture moderne. Il Messico ha ospitato i Mondiali due volte (1970 e 1986), gli Stati Uniti una (1994). Non è cosa da poco. E poi le strutture: 23 stadi e 150 centri di allenamento sono già pronti e utilizzabili, abbattendo al minimo eventuali costi di ristrutturazione. Gli stadi messi in gioco dal Marocco sono invece 14, di cui 9 andrebbero però costruiti da zero. Costi che, insieme alla necessità di nuove strade e ferrovie per il Paese nordafricano, peserebbero sulle tasche della Fifa per circa 15 miliardi di dollari a fronte di profitti per 5 miliardi. Anche il numero di biglietti in vendita ricopre un ruolo tutt’altro che marginale. Gli stadi nordamericani sono più capienti. Più tifosi significa più biglietti venduti, e quindi maggiori introiti.
Il pezzo forte della proposta marocchina è la centralità geografica dell’evento: il Mondiale si disputerebbe in 12 città, tutte entro i 500 chilometri dalla capitale Rabat. Fattore, questo, non marginale per le nazioni che parteciperanno al torneo. Dovesse disputarsi in Nord America, le squadre affronterebbero lunghi spostamenti tra una città e l’altra. La proposta del Marocco, inoltre, scommette molto sulla sicurezza. «È uno dei paesi più sicuri al mondo», si legge nella candidatura, con «una diffusione di armi da fuoco estremamente bassa». Il riferimento è palesemente politico e intende screditare la proposta del contendente Usa rifacendosi alla recente polemica sulle armi che sta dividendo gli Stati Uniti e non solo.
La contromossa politica di United 2026 non si è fatta attendere. Lo scorso marzo vi è stato un cambio al vertice. Il presidente nonché cittadino americano Sunil Gulati è stato sostituito da una presidenza a tre. Americana è infatti l’inchiesta guidata dal Dipartimento di giustizia contro gli ormai ex manager della Fifa; tutto americano è il Muslim Ban voluto da Trump. Che il voto per l’assegnazione dei Mondiali 2026 diventi un referendum sugli Stati Uniti è una realtà da non sottovalutare. Anche per questo ora al comando della delegazione nordamericana siedono i presidenti delle rispettive federazioni calcistiche: Carlos Cordeiro (Usa), Decio De Maria (Messico) e Peter Montopoli (Canada). In tre è anche più facile incontrare un maggior numero di delegati Fifa e convincerli a votare a favore. L’argomentazione più forte è certamente quell’assegno da 50 milioni di dollari che ciascuna delle 211 federazioni calcistiche nazionali rappresentate nella Fifa vedrebbe recapitarsi qualora United 2026 vincesse e mantenesse la promessa di 10 miliardi di introiti. Non proprio briciole. Il voto andrà in scena il 13 giugno, il giorno prima del fischio d’inizio di Russia 2018.
Oltre all’appoggio da parte delle altre nazioni africane, il Marocco potrà contare su quello del Qatar, già vincitore e Paese ospitante per l’edizione 2022. Le votazioni che hanno portato alla vittoria del piccolo Paese del Golfo sono ancora al centro di aspre critiche e il sospetto di brogli e atti di corruzione tra i rappresentanti della Fifa rimarrà ancora a lungo. In quell’occasione, era il 2010, ebbe inizio una catena di eventi che avrebbe poi portato all’inchiesta sulla corruzione a guida americana, alle dimissioni di Sepp Blatter da presidente e a dozzine di arresti. Dal giorno del suo insediamento, l’attuale presidente della Fifa, Gianni Infantino, ha promesso maggiore trasparenza in tutti i settori, votazioni comprese.
A partire dall’edizione 2026, la scelta su dove ospitare i Mondiali non sarà più in mano a un gruppo ristretto di 20 membri, come accaduto finora. Il 13 giugno, infatti, tutte le 211 federazioni rappresentate nella Fifa saranno chiamate al voto e, qui la vera novità, la loro scelta sarà pubblica. In palio c’è un fiume di denaro.
Questo articolo è stato pubblicato su Rivista Undici il 15 maggio 2018.
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