Sono 205 gli attentati terroristici falliti, sventati o completati in Europa nel 2017. I numeri del Terrorism Situation and Trend Report (Tesat), stilato ogni anno dall’Europol, evidenziano un’inversione di tendenza rispetto agli ultimi quattro anni quando dal 2014 si era registrato un calo nel numero di attentati. Secondo i numeri raccolti dalla polizia europea, ci sarebbe dunque una ripresa delle attività sovversive nel Vecchio continente. Una più attenta analisi, tuttavia, rivela che la maggior parte degli attacchi sono di matrice separatista (67%) mentre quelli che causano il maggior numero di vittime (62 su 68) sono imputabili all’estremismo islamico.
Quattro categorie di attacco
Una valutazione a due facce dunque, motivata dal fatto che il Tesat prende in considerazione gli attacchi in base alle motivazioni che li realizzano: i cosiddetti “separatisti” (motivati dalla creazione di uno Stato all’interno di un altro, o dall’annessione di un territorio da uno Stato all’altro), “anarchici” (per l’introduzione di strutture socialiste o comuniste e di una società senza classi sociali), di “estrema destra” (per la supremazia di un popolo in base a elementi quali la nazione di appartenenza, la razza o la cultura) e “jihadisti” (per la supremazia di una determinata interpretazione della religione islamica in contrapposizione a valori democratici occidentali).
EuroJust ha ribadito l’importanza della creazione di un registro giuridico europeo che renda possibile l’individuazione di connessioni tra le inchieste svolte da ciascun Paese
A un aumento della frequenza registrata nel 2017 corrisponde una diminuzione nella sofisticazione degli attacchi stessi: più attentati ma meno raffinati, dove all’uso di esplosivi si preferiscono armi rudimentali e veicoli. Il motivo è semplice: reperire armi e componenti bellici aumenta notevolmente il rischio di essere intercettati. Nel 2017 quelli di matrice jihadista sono stati responsabili della stragrande maggioranza delle vittime (91%). L’Europol ha infatti registrato una predilezione per attacchi rivolti alle persone, capaci di creare una «maggiore risposta emotiva nell’opinione pubblica rispetto a quelli che procurano danni a edifici o simboli».
La prevalenza di «attori solitari»
La minaccia jihadista rimane alta e futuri ulteriori attacchi «sono altamente probabili», afferma l’Europol. È confermata la prevalenza di «attori solitari» quale profilo predominante nell’esecuzione degli attentati, ovvero persone in grado di organizzare un attacco con il contributo minimo di altri individui e con una forte capacità di tenere il proprio ambiente sociale completamente all’oscuro. La polizia europea mette in guardia sul pericolo di sopravvalutare i successi militari: la sconfitta militare del cosiddetto Stato Islamico potrebbe ridurre l’interesse di potenziali terroristi «ma non la loro predisposizione all’adesione a credenze jihadiste e ad altri gruppi, come al Qaeda».
La lotta al terrorismo si combatte anche all’interno dei tribunali. Nel 2017 EuroJust, l’organismo europeo con sede a L’Aia per il sostegno ai magistrati e alle inchieste antiterrorismo dei Paesi membri, ha registrato 504 sentenze di colpevolezza per terrorismo internazionale, di cui 22 in Italia. La cooperazione tra magistrati è fondamentale e, a margine della presentazione del report Tesat, EuroJust ha ribadito l’importanza della creazione di un registro giuridico europeo che renda possibile l’individuazione di connessioni tra le inchieste svolte da ciascun Paese. Il dialogo tra procure di nazioni diverse è spesso difficoltoso ed EuroJust si pone quale coordinatore e facilitatore per quelle indagini che coinvolgono più Stati membri. Quelle scaturite dagli attentati del 13 novembre 2015 a Parigi, per esempio, hanno visto la partecipazione di magistrati di 14 Stati europei. «Maggiori sono le informazioni condivise e meglio possiamo intervenire e distribuire il carico di lavoro tra Stati membri, non possiamo più lavorare per settori compartimentati», ha affermato il procuratore capo del distretto di Parigi, François Molins.
Continuano i rimpatri forzati
Intanto, il 24 giugno la terza corte d’Assise di Napoli ha condannato il tunisino Mohamed Kamel Eddine Khemiri, 43 anni, a otto anni di reclusione per terrorismo di matrice islamica. I giudici napoletani lo hanno ritenuto colpevole di proselitismo e indottrinamento via web per conto dell’Isis. Sempre uel napoletano, polizia e carabinieri hanno arrestato un gambiano di 34 anni. Secondo le forze dell’ordine, l’uomo era arrivato in Europa per colpire dopo un lungo addestramento in Libia per azioni terroristiche. Continuano anche i rimpatri forzati. Sono già 56 quelli effettuati nel 2018, 105 nell’intero 2017 e 66 nel 2016.
Questo articolo è stato pubblicato su Lettera43 il 30 giugno 2018.
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