e dimissioni dell’amministratore delegato della Danske Bank, rassegnate mercoledì 19 settembre per transazioni sospette del valore di 200 miliardi di euro, sono tutto fuorché un fulmine a ciel sereno. L’istituto, attraverso la sua filiale in Estonia, avrebbe riciclato almeno 30 miliardi di dollari provenienti da Russia, Ucraina, Azerbaijan e da altri Paesi dell’ex blocco sovietico tra il 2007 e il 2015. «Non siamo in grado di quantificare le reali somme di denaro riciclate dalla nostra filiale», hanno affermato i dirigenti della banca in conferenza stampa, al termine della quale l’ad Thomas Borgen ha rassegnato le dimissioni. Ora Danske Bank rischia una multa di 4 miliardi di corone danesi (circa 536 milioni di euro).
Ma è tutta l’Europa ad avere un serio problema in materia di riciclaggio e l’episodio danese è solo l’ultimo campanello di allarme in ordine di tempo. Due giorni prima era toccato alla Credit Suisse. L’autorità di vigilanza sul mercato finanziario svizzero ha bollato come «inefficiente» e colpevole di «gravi mancanze» la banca svizzera in materia di anti-riciclaggio. L’indagine ha interessato il periodo 2006-2016 e ha riconosciuto l’istituto di credito come «funzionale» ad almeno due casi di corruzione di portata globale: quello della Fifa, esploso nel 2015 e che ha portato a una dozzina di arresti all’interno dell’organismo del calcio mondiale e alle dimissioni di Sepp Blatter; e quello denominato «il caso di corruzione più grande del Sud America», che ha travolto gli ex presidenti brasiliani Luiz Lula e Dilma Rousseff.
Casi di riciclaggio cresciuti esponenzialmente
I casi di riciclaggio di denaro da parte di istituti di credito europei sono cresciuti esponenzialmente negli ultimi mesi. «E stiamo parlando solo di casi di corruzione, per lo più di quelli noti alle cronache, figuriamoci se dovessero emergere anche episodi di riciclaggio di proventi del traffico di droga o di terrorismo», ha dichiarato a Lettera43.it Paolo Bernasconi, professore emerito all’università svizzera di San Gallo ed esperto di crimini finanziari. La scorsa settimana, dentro l’occhio del ciclone è finita invece la Ing. A seguito di una multa da 775 milioni di euro comminata per riciclaggio «seriale», il colosso olandese ha ceduto alle pressioni politiche offrendo le dimissioni del proprio responsabile finanziario. Ablv, il terzo istituto bancario della Lettonia, è andata in auto liquidazione lo scorso febbraio dopo che le accuse di «riciclaggio su larga scala» mosse dagli Stati Uniti hanno creato una fuga precipitosa dei correntisti e dei loro capitali. Nel passato recente, altri colossi del credito si sono visti comminare pesanti sanzioni per violazioni delle normative anti riciclaggio, come Standard Chartered (3 milioni di euro di multa lo scorso marzo), Bnp Paribas (10 milioni nel 2017) Deutsche Bank (600 milioni nel 2017) e Hsbc (1,7 miliardi nel 2012).
«Repubbliche Baltiche inquinate da capitali illeciti»
L’Europa ha un problema e spesso sono i piccoli Paesi a rappresentare i pericoli maggiori. «Le repubbliche baltiche sono totalmente inquinate da capitali illeciti provenienti per la maggior parte da oligarchi russi», precisa Bernasconi. Estonia, Lettonia ma anche Cipro e Malta. Tutti membri dell’Unione ruropea che hanno «chiaramente incentrato la propria economia sulla capacità di attrarre capitali stranieri di dubbia provenienza», scrive il Financial Times. A Malta, per esempio, la banca Pilatus si è vista congelare i propri asset lo scorso marzo dopo l’arresto negli Stati Uniti del titolare di origine iraniana, Ali Sadr, accusato di riciclaggio dalle autorità statunitensi. Pilatus era al centro delle inchieste della giornalista Daphne Caruana Galizia, assassinata nell’ottobre 2017.
Istituti di credito di manica larga nella lotta al riciclaggio di denaro non sono però, da soli, condizione sufficiente per uno scenario che rappresenta, secondo Bernasconi, «una deficienza sistematica e strutturale in Europa in materia di contrasto». «Bisognerebbe anche concentrarsi su paesi come l’Olanda, ma anche Malta e Cipro, o la città di Londra»,ha ribadito, «veri e propri produttori di società di comodo le quali sono strumento essenziale per riciclare denaro». La Commissione europea è ben al corrente del problema e ha di recente promesso un giro di vite, che in gran parte consisterà in un rafforzamento dei poteri dell’Autorità bancaria europea (Eba), l’organismo che ha il compito di sorvegliare il mercato bancario del vecchio continente.
La direttiva UE si è dimostrata inefficace
Fin qui, è ormai evidente, la Direttiva europea anti riciclaggio – modificata cinque volte negli ultimi 10 anni – si è dimostrata inefficace. Non sorprende, dunque, che nella quasi totalità dei casi siano gli Stati Uniti ad aver mosso per primi attacchi alle banche del nostro continente, motivati dal fatto che si tratta di istituti con filiali anche negli Usa. Secondo le Nazioni Unite, nel mondo vengono riciclati circa 2 mila miliardi di dollari all’anno. È facile immaginare che di questi una grossa fetta passi per l’Europa.
Questo articolo è stato pubblicato su Lettera43 il 21 settembre 2018.
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