Dentro il sistema Mendes
Articoli 05/08/2017 Lorenzo Bodrero 0
È un viaggio in tre tappe, ciascuna a formare i vertici di un triangolo. La prima tappa del viaggio ci porta a Pozuelo de Alarcón, un piccolo comune a pochi minuti da Madrid. È qui, all’interno del lussuoso complesso residenziale La Finca, che vive Cristiano Ronaldo. Il 31 luglio 2017 si è celebrata l’udienza preliminare del processo a suo carico: il portoghese è accusato dalle autorità spagnole di aver evaso 14,7 milioni di euro di tasse tra il 2011 e il 2014. Ora, il giudice Monica Gomez Ferrer dovrà decidere se avviare il processo contro il giocatore del Real.
Lionel Messi, alter ego del collega portoghese, la scorsa estate si è visto comminare ventuno mesi di carcere (sentenza sospesa) e due milioni di euro di multa per aver evaso 4,1 milioni di euro di tasse. Ma è con l’eventuale processo a Ronaldo e una (plausibile) condanna che potrebbero cambiare le sorti del calcio moderno. Il motivo? Non ha a che vedere né con la popolarità dell’imputato, né con la somma sottratta all’erario. Insieme alla stella portoghese, davanti al giudice finirebbe infatti l’ingegnoso sistema anti-tasse creato dal suo procuratore e connazionale, il potentissimo Jorge Mendes.
I suoi assistiti sono tra i calciatori più pagati al mondo: i colombiani James Rodríguez e Radamel Falcao, l’argentino Ángel Di María, i portoghesi Pepe, Fabio Coentrão e Ricardo Carvalho, per elencarne alcuni. Tra gli addetti ai lavori non vi è dubbio che l’agente portoghese sia uno dei procuratori più ricchi e influenti al mondo. Quello con Ronaldo è però un rapporto ben diverso dagli altri, quasi fraterno. Alle nozze di Mendes, CR7 ha fatto da testimone, regalandogli una piccola isola in Grecia. I due si sono conosciuti quando un giovanissimo Cristiano indossava la maglia dello Sporting Lisbona, ed era in cerca di qualcuno che sbrigasse le faccende contrattuali del suo lavoro. Quel qualcuno lo trovò in un altrettanto giovane proprietario di un famoso nightclub di Lisbona.
Per capire il sistema di Mendes (svelato dal quotidiano tedesco Der Spiegel grazie ai documenti resi disponibili dalla piattaforma di whistleblowing Football Leaks) dobbiamo fare tappa sul secondo vertice del triangolo, le Isole Vergini Britanniche. Due società irlandesi, la MIM e la Polaris, erano responsabili della trattativa e della stesura di contratti relativi alla vendita dei diritti di immagine del calciatore portoghese. Per portare Ronaldo davanti a una telecamera il cliente doveva negoziare con gli emissari delle due società irlandesi. Qualche esempio? 1,8 milioni di euro dalla Honda, 16 milioni di dollari da Herbalife, 2,6 dalla Nike, 2,6 da un marchio danese di intimo maschile, 1,8 dalla Toyota. E così via. Gli stipendi dei calciatori professionisti sono tassati pesantemente, anche in Spagna. Tutt’altro discorso, invece, sugli introiti per la vendita dei diritti di immagine. Soprattutto se questi vengono ceduti a una società estera, come consuetudine di molti giocatori. In Irlanda, considerato uno dei paradisi fiscali dell’Europa, la tassazione è al 12,5%.
Sia Mendes che Ronaldo detengono quote in entrambe le società. Secondo i documenti diffusi da Football Leaks, il denaro tramite un conto corrente in Svizzera veniva poi trasferito dall’Irlanda ad una società nelle Isole Vergini. Si tratta della Tollin Associates Ltd che, secondo il progetto di giornalismo di inchiesta The Black Sea, rappresenta la cassaforte dell’asso portoghese. Qui, nel secondo vertice del triangolo, le imposte sono pari a zero. Circa 70 milioni di euro sarebbero stati trasferiti alla Tollin tra il 2009 (anno del suo trasferimento al Real Madrid) e il 2014 (anno di fine contratto con la Tollin), di cui solo 11,5 milioni resi noti alle autorità spagnole.
Tra i documenti riservati è presente la dichiarazione dei redditi del 2014 di Cristiano Ronaldo depositata nel 2015. Le carte, stilate dagli uomini di Mendes, sono particolarmente precise. I beni li elenca The Black Sea: 34.672.988.31 di euro dal Real Madrid, 4,5 milioni della casa in cui vive nella capitale spagnola, 10.799.387 di saldo in banca e 1.248.152 di auto, tra cui una McLaren, una Lamborghini e una Ferrari. Nessun cenno ai suoi conti in Portogallo, Lussemburgo e Svizzera di cui uno, presso la banca Mirabaud della federazione elvetica, contava 110 milioni di euro di deposito alla fine del 2014. Assenti anche i 15 immobili in Portogallo. Niente, infine, riguardo l’acquisto per 75 milioni di euro dei suoi diritti di immagine 2015-2020 da parte di altre due società registrate alle Isole Vergini, la Arnel e la Adifore. Grazie alla “legge Beckham”, Ronaldo è tenuto a pagare le tasse sugli introiti di immagine pervenuti dalla Spagna ad un tasso del 24%.
Quelli venduti invece a livello mondiale, quattro volte superiori, non rientrato negli obiettivi del fisco spagnolo. La legge era stata revocata nel 2010 ma il governo concedeva un periodo di transizione fino al primo gennaio 2015, termine oltre il quale anche i proventi generati al di fuori della Spagna sarebbero finiti nelle mire dell’erario iberico ad un tasso vicino al 50%. Gli avvocati di Mendes intendevano sfruttare al massimo questa estensione temporale. A pensar male spesso ci si azzecca e la vendita dei suoi diritti di immagine, secondo i documenti rilasciati, risale a fine dicembre 2014, proprio pochi giorni prima che la legge finisse definitivamente in soffitta.
Se esistono le condizioni per portare a processo l’intricato sistema creato da Jorge Mendes lo stabilirà il giudice. Certo è che alla sbarra non finirebbe soltanto l’ultimo vincitore del Pallone d’Oro ma anche l’intera macchina messa in piedi dal fidato agente portoghese, con il serio rischio di essere inserito nella lista degli indagati. Negli scorsi mesi diversi suoi assistiti sono comparsi nell’aula del tribunale di Pozuelo de Alarcón e patteggiato un risarcimento con le autorità spagnole per tasse non pagate sui diritti di immagine. Quasi tutti, come Ronaldo, depositavano i loro incassi in una società offshore: Fabio Coentrao (la Rodin a Panama, patteggiamento per 1,3 milioni di euro), Ricardo Carvalho (la Alda Ventures alle Isole Vergini, 500 mila euro), Pepe (la Weltex Capital alle Isole Vergini, 1,8 milioni), James Rodríguez (la Kenalton Asset nelle Isole Vergini, ancora sotto inchiesta), Radamel Falcao (8,2 milioni), Ángel Di María (1,3 milioni).
E poi c’è José Mourinho, anche lui assistito da Jorge Mendes. Nel 2015 dovette patteggiare 1,15 milioni di euro con il fisco spagnolo: di nuovo, tasse evase sulla vendita dei diritti di immagine. Il suo nome è venuto di nuovo a galla a fine 2016 quando Der Spiegel svelò la rete completa dietro cui l’allenatore portoghese celava parte dei suoi guadagni. Il giornale tedesco aveva scovato l’esistenza di un fondo neozelandese dietro la società caraibica. In un amen le autorità di Auckland hanno preteso chiarezza, così come quelle spagnole che ora accusano l’allenatore di un ammanco di 3,3 milioni di euro di tasse tra il 2011 e il 2012 quando sedeva sulla panchina del Real Madrid.
Arriviamo così alla terza e ultima tappa del nostro viaggio: le stanze della Fifa a Zurigo. Se c’è un luogo dove le cose possono cambiare per il meglio è qui, all’interno degli uffici dell’organismo che regola e gestisce il calcio mondiale. Eppure, se si esclude un risicato regolamento per i procuratori, l’immobilità della Fifa è evidente. Rispetto a cinque anni fa, scrive Der Spiegel, gli introiti degli agenti sono raddoppiati e nel solo 2015 hanno generato un miliardo e mezzo di euro. Sono circa 6400 in tutto il mondo (938 in Italia). Che il calcio non sia più soltanto uno sport lo certificano i numeri. La Bundesliga muove otto miliardi di euro all’anno e da lavoro a 53 mila persone. Il valore della produzione della Serie A è di 2,4 miliardi.
Intervistato in merito alle rivelazioni di Football Leaks, il presidente della Uefa, Aleksander Čeferin, ha dichiarato che «è un bene che queste cose vengano a galla, poiché significa che un giorno cesseranno, o quantomeno si faranno più rare». Intanto la piattaforma di whistleblowing è andata provvisoriamente offline. Troppi gli attacchi subiti e troppo poca la solidarietà ricevuta. Mendes aveva addirittura assoldato, invano, una società di spionaggio informatico per scoprire chi si celasse dietro la piattaforma. Al Der Spiegel ha rivelato di chiamarsi John e di essere di nazionalità portoghese, nonché un grande fan di Cristiano Ronaldo. A metà luglio, l’emittente ESPN ha inserito “John” al sedicesimo posto nella lista delle cinquanta persone più influenti del calcio mondiale. Se, grazie a lui, una mini rivoluzione avrà inizio, si deciderà all’interno del tribunale di Pozuelo de Alarcón.
Questo articolo è stato pubblicato su Undici il 3 agosto 2017.
No comments so far.
Be first to leave comment below.