Mondiale di Russia, la macchia dei diritti umani violati in Cecenia Mondiale di Russia, la macchia dei diritti umani violati in Cecenia
Nello Stato semi-indipendente, dove soggiornerà la nazionale d'Egitto, arrestato il n.1 dell'unica Ong attiva. Col silente beneplacito di Putin. Human rights watch chiede alla... Mondiale di Russia, la macchia dei diritti umani violati in Cecenia

Sul fatto che la Russia e i diritti umani non vadano a braccetto restano pochi dubbi. Molti invece sono quelli sollevati dai presunti brogli nell’assegnazione del Mondiale di calcio 2018. E lo scandalo del doping di Stato ancora aleggia su Mosca. Ma non è tutto.

COLPA DELLA… MARIJUANA. L’ultimo grattacapo, in ordine di tempo, per il ri-eletto presidente Vladimir Putin arriva da Human rights watch (Hrw) e fa seguito alla scelta della nazionale di calcio egiziana di fare base a Grozny, capitale della Cecenia, durante lo svolgimento della coppa del mondo. Con un messaggio che non lascia spazio a interpretazioni, una tra le più attente organizzazioni mondiali per la difesa dei diritti umani ha lanciato alla Fifa un appello affiché la Russia provveda prima dell’inizio del Mondiale alla scarcerazione di Oyub Titiev, direttore di Memorial, l’unica organizzazione per i diritti umani rimasta attiva in Cecenia. Secondo la Ong le prove alla base del suo arresto il 9 gennaio 2018 per possesso di marijuana «sono state completamente fabbricate, nel tentativo da parte delle autorità cecene di espellere Memorial dal Paese».

«CECENIA DISCARICA DEI DIRITTI». La nazionale di calcio egiziana sarà ospite della capitale Grozny, rendendo così la Cecenia protagonista dell’evento sportivo più seguito al mondo. Hrw teme che il Paese caucasico, con il presidente Ramzan Kadyrov in prima fila, approfitti dell’occasione per promuovere la sua legittimità e il suo prestigio agli occhi del mondo, con il sottinteso beneplacito della Fifa. Una possibilità, questa, giudicata «inaccettabile e scandalosa» da Human wights watch che ha definito la Cecenia come «la discarica dei diritti umani».

Titiev HRW

Oyub Titiev nell’ufficio di Memorial a Grozny, in Cecenia, di fronte al ritratto della collega assassinata, Natalia Estemirova. Foto: Human Rights Watch.

Nel 2009 il cadavere di Natalia Estemirova fu ritrovato nella vicina Inguscezia con ferite di arma da fuoco al petto e alla testa. La giornalista, nonché membro del direttivo della Ong russa Memorial, era da anni impegnata nella difesa dei diritti umani in Cecenia. Nel 2014 l’ufficio di una organizzazione umanitaria fu dato alle fiamme e un altro messo a soqquadro, entrambi a Grozny.

CAMPAGNA ANTI-GAY. Nel 2016 un pulmino con a bordo sei giornalisti e due attivisti intenti a documentare violazioni di diritti umani in Cecenia è stato preso di mira da un gruppo di uomini incappucciati. Gli assalitori, armati di mazze da baseball, hanno aggredito i passeggeri mandandone cinque in ospedale. Dopo aver dato alle fiamme il pulmino hanno fatto irruzione negli uffici di una organizzazione non governativa locale. Nel 2017 un’inchiesta del giornale indipendente russo Novaya Gazeta ha sollevato sdegno internazionale quando svelò l’esistenza di una campagna repressiva contro la popolazione maschile omosessuale in Cecenia. In quell’occasione dozzine di uomini furono arrestati e numerose testimonianze raccontano di torture ed esecuzioni sommarie.

Ramzan Kadyrov Presidente Cecenia

Ramzan Kadyrov, presidente della Cecenia. (Getty)

Human rights watch scrive che «Putin è il protettore di Ramzan Kadyrov, il quale governa la Cecenia in tal modo con il silente beneplacito di Putin stesso». La Cecenia è formalmente parte della Russia, pur governandosi come uno Stato semi-indipendente. La ricostruzione del Paese, cominciata dopo due sanguinose guerre nel corso degli Anni 90, è avvenuta grazie ai finanziamenti di Mosca. Secondo diverse organizzazioni internazionali, dal 2006 a oggi Kadyrov ha fatto uso del suo temibile apparato di sicurezza per reprimere ogni tipo di dissenso con l’utilizzo di uccisioni, minacce, rapimenti e torture. La direttrice della Ong, Minky Worden, spiega a Lettera43.it: «C’è solo una persona che può dire a Kadyrov cosa fare, e questo è Putin».

LO STALLO DELLA FIFA. A febbraio 2018 la Fifa aveva dichiarato alla Associated Press: «Al momento non abbiamo elementi per credere che la scelta da parte dell’Egitto di stabilirsi a Grozny per la durata del torneo abbia un impatto negativo in materia di diritti umani». Un’affermazione che sorprende. Pochi mesi prima, infatti, un’altra lettera inviata da Hrw alla Fifa durante la campagna anti-gay denunciata da Novaya Gazeta aveva sortito gli effetti sperati. «Non sappiamo quali azioni la Fifa mise in atto in quell’occasione, sappiamo però che la repressione contro gli omosessuali cessò poco dopo l’invio della nostra lettera», spiega Worden.

SITUAZIONE RISAPUTA. Che la Fifa fosse al corrente della grave situazione in tema di diritti umani in Cecenia è dunque palese. «Nonostante ciò hanno comunque scelto Grozny tra i centri di allenamento delle nazionali», aggiunge Worden. «Non abbiamo ancora ricevuto risposta formale dalla Fifa, ma è evidente che qualcosa si è inceppato e che abbiano commesso un grave errore, in piena violazione del loro Statuto. Il minimo che possano fare è pretendere la liberazione dell’unico attivista per la difesa dei diritti umani rimasto in Cecenia».

CHE VETRINA PER KADYROV. A Lettera43.it la Fifa ha dichiarato: «Condanniamo qualsiasi forma di discriminazione e attraverso le sue attività la Fifa non leggitima alcun regime». Worden però aggiunge: «L’eventuale condanna di Titiev o la chiusura forzata degli uffici di Memorial in Cecenia sarebbero uno scandalo che oscurerebbe la Coppa del mondo 2018 non solo per la scelta del luogo di residenza della nazionale egiziana, ma anche perché Ramzan Kadyrov sarà probabilmente ospite di diverse partite». Titiev rischia fino a un massimo di 10 anni di detenzione. «Se non viene scarcerato prima della cerimonia di apertura di Russia 2018 temiamo il peggio», conclude la direttrice di Hrw. E il tempo stringe: manca un mese al fischio d’inizio.

Questo articolo è stato pubblicato su Lettera43 il 12 maggio 2018.

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